martedì 30 luglio 2013

ROCKET MAN – JAMES HARDEN E' PRONTO AL DECOLLO?



E' il 20 febbraio scorso e a 7 minuti dalla fine di quella che sembra un normale match di regular season, Houston è sotto di 14 contro i Thunder al Toyota Center. I Rockets non possono permettersi di perdere perché sono invischiati nella corsa ai playoff e ad Ovest ogni sconfitta può sempre costare caro se si lotta per l'ottavo posto utile, ma tra loro c'è un giocatore in particolare che quella partita la vuole vincere. Le due triple consecutive di Kevin Martin, l'uomo con cui era stato scambiato l'anno prima e che ne aveva preso il posto ad OKC, spingono James Harden a mostrare tutto il suo incredibile repertorio. Segna in penetrazione subendo fallo, poi rompe in due la difesa per altri 2 facili, segna da fuori ubriacando Ibaka con le finte, colpisce dalla media ed infine difende alla grande su Durant che cerca il pareggio con pochi secondi sul cronometro. Si perché nel frattempo Houston ha stampato un parziale di 21-4 e l'errore del numero 35 mette fine alla partita sul 122-119. Harden chiude con un career-high da 46 punti e 7/8 da 3, conditi con 7 rimbalzi e 6 assist, per una prestazione sontuosa contro la sua ex squadra, davanti al suo nuovo pubblico. Questa è la forza del Barba.

Dopo aver vinto il premio di Sixth Man of the Year con i Thunder nel 2011/12, peraltro a soli 23 anni diventando il secondo più giovane di sempre, ed essere stato coinvolto nella trade che ha avuto come risvolto principale lo scambio tra lui e Martin, Harden a Houston non si è fermato, anzi ha continuato a correre più veloce di prima. Ha iniziato la stagione con 37 punti, 12 assist, 6 rimbalzi e 4 rubate, diventando il primo giocatore di sempre a esordire con un 37+12 e il secondo di sempre come punti segnati alla prima di regular season. Ne segna poi 45 alla seconda contro gli Hawks per un totale di 82 nelle prime due uscite stagionali, quinta prestazione di sempre dopo quelle di Chamberlain (primo, secondo e quarto in questa particolare statistica) e Jordan.

Dopo una lieve flessione di rendimento, Harden, a cavallo di un All Star Game giocato in maniera egregia al Toyota Center (15+6 rimbalzi in 25 minuti d'impiego), mette dapprima a referto la sua prima tripla-doppia contro i Bobcats da 21 punti, 11 rimbalzi e 11 assist e poi il suo massimo in carriera nella partita descritta precedentemente. Il Barba chiude la stagione in maniera superba con 26.3 punti, 6.7 rimbalzi e 4.5 assist di media, numeri straordinari e di molto superiori a quelli dell'anno precedente, partendo sempre da titolare e diventando di diritto non solo l'idolo assoluto dei tifosi dei Rockets, ma anche uno dei giocatori più forti della Lega.

Houston chiude la stagione all'ottavo posto, anche e soprattutto grazie alle sue prodezze, e si trova ad affrontare, guarda un po', proprio OKC al primo turno. Da un ragazzo di 24 anni, alla prima esperienza da leader realizzativo e non solo di una franchigia nei playoff, con un team alle spalle provato dalle ultime fatiche per conquistarsi la post season e che per giunta si trova ad affrontare la propria ex squadra che ha chiuso la stagione da dominatrice, ci si aspetterebbe che venga travolto dalla tensione. Invece Harden sfodera delle prestazioni molto significative e, nonostante i Rockets perdano in 6 gare la serie, si dimostra un giocatore di altissimo livello. Chiude con 26.3 punti, 6.7 rimbalzi, 4.5 assist e 2 rubate di media a partita, dimostrando anche una spiccata personalità nei momenti clou dei match e con la certezza che, se Houston avesse messo al suo fianco un altro giocatore di alto livello, oltre al buon roster che possiede, tutto sarebbe potuto andare diversamente.



Quest'anno però, con l'arrivo di Dwight Howard alla corte texana, la musica potrebbe cambiare e non poco. Se Jeremy Lin dimostrerà di essere tornato quello che fece scoppiare la Linsanity nella Grande Mela, il playmaker di origini taiwanesi con il centro ex Lakers e Harden potrebbe costituire un trio dal talento mostruoso e Houston potrà tornare a sognare in grande. Howard dovrebbe trovare un ambiente ottimale ai Rockets, senza pestarsi i piedi con nessuno com'era successo con Gasol e senza tutte le pressioni che una città come Los Angeles e un compagno come Bryant possono portare, anzi potrebbe far fare quel salto di qualità alla squadra che manca per ambire ai piani alti ad Ovest. Ecco dunque trovato un valido compagno per Harden per spingere a migliorarsi ancora e a crescere per diminuire quei peccati veniali (ad esempio le 4.5 perse a partita nelle 6 contro i Thunder) che sono dovuti alla giovane età e alla fame di vittorie e successi.

Ciò che ha stupito nella scorsa stagione è quanto il Barba abbia evoluto il suo gioco. Da sesto uomo a Oklahoma, dove era abituato a entrare a partita in corsa per spaccare il match o cercare di recuperare lo svantaggio, riuscendo benissimo nel compito come dimostra il premio vinto due stagioni fa, si dedicava maggiormente al tiro dalla media o dal perimetro, ricevendo gli scarichi dai compagni e raramente cercando l'azione personale, anche perché non si trovava mai a giocare da prima scelta offensiva, oscurato da Westbrook e Durant. A Houston la musica è cambiata completamente, Harden si è preso più del doppio dei tiri (1337-629) e ha colpito nella maggior parte dei casi in penetrazione, come dimostrano anche i tiri liberi tentati, ben 792, per una media di più di 10 a partita, leader di queste speciali classifiche nella Lega.


Se la collaborazione con Howard dovesse funzionare al meglio, Lin tornasse utile alla causa e giocatori giovani e di prospettiva come Parsons dovessero confermarsi sui livelli della passata stagione, potete giurarci che a Houston ci sarà da divertirsi quest'anno. Sicuramente l'entusiasmo è alle stelle nella città texana e chissà che Harden, guidando i suoi Rockets, non decolli verso nuovi, eccezionali traguardi.


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