L’ultima
volta che Greg Oden ha messo piede su un parquet NBA è stato il 5 dicembre del 2009, in una lega molto
diversa da quella attuale. Per fare dei brevi esempi: LeBron James era al suo
ultimo anno ai Cavs, Dwight Howard era avviato verso una stagione esaltante coi
Magic, Blake Griffin era ancora al college e i Miami Heat avevano vinto
solamente un titolo NBA. Ora, invece, gli Heat sono bi-campioni in carica e hanno
appena aggiunto Greg Oden al loro roster.
Ma
quali sono i motivi che hanno spinto Pat Riley e coach Spoelstra ad
interessarsi ad un giocatore che ha subito tre seri interventi per ricostituire
delle microfratture alle ginocchia?
Facciamo
una dovuta premessa. Oden è ancora un giocatore giovane, ha 25 anni infatti, ha
talento, come dimostrato dal fatto che era il miglior prospetto al draft 2007 e
i Trail Blazers decisero di prenderlo con la pick numero uno, e ha una grande
etica lavorativa, si è spremuto duramente per recuperare dagli infortuni e ha
continuato ad allenarsi nell’ombra per tutto il lungo periodo in cui è stato
fermo.
Precisato
ciò, possiamo tornare alla domanda iniziale e analizzare quali siano i motivi
che hanno portato gli Heat ed Oden a concludere un accordo.
Pat
Riley, con il suo carattere da generale, ha sempre fatto una grossa distinzione
nel basket: c’è la vittoria e c’è la miseria. In nome della vittoria, i Miami
Heat, in questi ultimi due anni, hanno adottato una strategia innovativa,
basata sull’assenza di un centro puro che controllasse
il pitturato per affidarsi alla capacità di LeBron James di dominare bilateralmente il campo, ma Riley è sempre
stato un amante dei centri fisici e possenti. Ha allenato Kareem Abdul-Jabbar
ai Lakers, Patrick Ewing ai Knicks, Alonzo Mourning e Shaquille O’Neal agli
Heat, tutti “5”
che hanno profondamente influito sul gioco della pallacanestro, vincendo titoli
e premi importanti. Oden non può certo essere paragonato a queste leggende, ma
ciò che intriga Riley è la difficoltà di trovare un “big man” con un gran
fisico e con una buona tecnica. In più il ragazzo ha mostrato, nel poco tempo
in cui ha giocato, di essere produttivo su entrambi i lati del campo. In sole
82 partite in tre stagioni e con appena 22 minuti di media di gioco, ha
prodotto 9.4 punti, 7.1 rimbalzi e 1.4 stoppate di media, buonissimi numeri per
un giocatore che non è mai stato pienamente in forma. Se poi proiettassimo
queste medie su 36 minuti di gioco, ovvero il tempo medio di utilizzo che aveva
ai Blazers pienamente in forma, otterremmo 15.3 punti, 11.9 rimbalzi e 2.3
stoppate di medie. Numeri davvero ottimi.
Dunque, anche dovesse rimanere poco tempo in
campo, potrebbe sicuramente aiutare Miami a vincere e, nel caso gli Heat
scelgano di cambiare strategia di gioco, si troverebbe ad essere l’uomo giusto
al momento giusto. Non dimentichiamoci che un lungo come Oden è l’ideale per
battagliare con gente come Hibbert, che tanti problemi ha dato nella finale di
Conference, essendo un ottimo difensore da post basso.
Un
altro buon risvolto per Miami nell’aver aggiunto Oden al roster è l’estate
2014. Già ora ci sono molto chiacchere sulla prossima off-season e la dirigenza
degli Heat sta provando a far tacere queste voci, concentrandosi sul presente.
Però è fuori dubbio che sappiano bene a cosa vanno in contro: James, Wade, Bosh
e Haslem possono tutti esercitare la loro player option per uscire dal
contratto e Chalmers, Allen e Battier saranno tutti free agent. In base a ciò
che deciderà il numero 6, Riley potrebbe essere ben posizionato per costruire
intorno al due volte MVP delle finali o rifondare completamente il team. La
firma di Oden dunque ha molto senso, perché se tornasse completamente sano e
diventasse un centro di qualità potrebbe essere un incentivo per James a
firmare e potrebbe sopperire ad un’eventuale partenza di Bosh, ma anche nel
caso dovessero tutti cambiare aria, il lungo di Buffalo sarebbe un ottimo
tassello da cui ripartire.
Vedendo
la questione dal punto di vista di Oden, gli Heat sono la scelta migliore per
due motivi. Il primo è che ha bisogno ancora di tempo prima di poter rientrare
a pieno ritmo e perciò una firma con squadre come Sacramento o New Orleans, che
pur gli offrivano uno stipendio maggiore, non avrebbe avuto molto senso. Difatti
questi team non hanno la sicurezza di raggiungere i playoff e avrebbero messo
molta più pressione sulle spalle del ragazzo, costringendolo a rientrare prima
che si fosse completamente ristabilito. Miami invece è nella situazione ideale:
non ha perso nessun membro del frontcourt, avendo rifirmato Chris Andersen, e
ha una squadra in grado di andare molto avanti nella postseason senza l’ansia
di raggiungere risultati a Novembre, Dicembre, Gennaio e Febbraio. Questo è
sicuramente un lusso per l’ex-Blazers, che non sarà chiamato a dare il massimo
fino a quando non sarà interamente sano e che potrà lavorare senza pressioni,
ben consapevole che il suo team può vincere anche senza di lui.
Il
secondo motivo è l’ottima organizzazione societaria dei Miami Heat. Da quando
Micky Arison è l’owner della franchigia molto poco è cambiato nella dirigenza.
Pat Riley è saldamente al comando delle basketball operation, ma quello che più
interessa ad Oden è la stabilità del coaching staff. Molto spesso ci si
dimentica che Erick Spoelstra è nell’organizzazione degli Heat da ben 16 anni
ed è il delfino di Riley, una garanzia di solidità che offre ad Oden il massimo
supporto sotto ogni punto di vista, sia in campo che fuori.
L’accordo
dunque si mostra ampiamente favorevole per entrambe le parti in causa. Gli Heat
lo hanno firmato con un contratto di due anni al minimo salariale per un
veterano (2.6 milioni di dollari in totale), con una player option per il
secondo anno e senza andare ad incidere sulla luxury tax. Un acquisto davvero
senza rischi, perché se non dovesse riprendersi non sarebbero molti i soldi
usati per firmarlo, anzi, dopo il taglio di Mike Miller, hanno ancora spazio
salariale per aggiungere un altro tassello e le ultime voci parlano di un forte
interessamento per Mo Williams. Un potenziamento davvero notevole per una
squadra già fortissima come Miami.
Dunque,
per concludere, cosa ha fatto si che Oden scegliesse i campioni in carica?
Tutti i motivi sopra elencati: un’organizzazione stabile che lo supporta, la
riduzione dei rischi dovuti al rientro in campo, la possibilità di essere una
pedina importante della franchigia per molto tempo, con più soldi e,
potenzialmente, un ruolo di primo piano e, non ultimo, l’opportunità di giocare
fianco a fianco con LeBron James, segno, come avvenuto l’estate scorsa per Ray
Allen, che il nome del “Prescelto” è un richiamo importante per i giocatori.
Ah
si, c’è anche un’ultima cosa. Dopo un frustrante inizio di carriera, potrebbe
avere la possibilità di togliersi una grande soddisfazione. Dopotutto a South
Beach, il prossimo giugno, c’è la possibilità di aggiungere un posto in più al
tavolo dei campioni, in uno dei tanti club dove Wade e compagni sono soliti
festeggiare, e un nuovo anello potrebbe essere lucidato per l’occasione. In
bocca al lupo Greg!
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