Alla
vigilia delle Olimpiadi di Londra 2012 il curriculum tennistico di
Andy Murray citava 22 trofei vinti, tutti di valore più o meno
modesto, e 12 sconfitte nelle finali giocate, di cui, però, ben 4
negli Slam. Da
allora lo stesso elenco racconta di altri 6 tornei vinti e 2 sole
sconfitte in finale, ma aggiunge alla bacheca dello scozzese
un oro olimpico, uno US Open e una vittoria meravigliosa a Wimbledon.
Che dire? L'eterno sconfitto, colui che tra i magnifici 4 del tennis
dei giorni nostri (Novak Djokovic, Rafael Nadal e Roger Federer gli
altri fenomeni da un po' di tempo a questa parte) era da sempre
considerato inferiore, l'anello debole, si è preso qualche rivincita
e, oggi più che mai, fa paura a tutti, apprestandosi (forse) a
diventare il futuro numero 1 del mondo e ad aggiungere ancora molti
trofei al suo palmares.
Il
torneo che ha cambiato le carte in tavola, modificando le gerarchie
tra Murray e i suoi rivali più agguerriti, è senza dubbio
l'Olimpiade dello scorso anno. La Gran Bretagna è presente al gran
completo per fare incetta di ori dal profumo casalingo e, nel tennis,
la più grande speranza (o forse l'unica) è proprio Andy. Non ha mai
vinto un trofeo importante nella sua carriera e tutti sono ancora
incerti se sia effettivamente nelle sue corde, se mai salirà sul
trono o sarà sempre secondo. I più forti ci sono tutti, tranne
Nadal infortunato, ed è tornato a fare faville anche Del Potro,
avversario sempre temibile con la sua altezza e i suoi micidiali
colpi di diritto. Non è però dalla sua parte di tabellone, in
un'ipotetica semifinale lo affronterà Federer. Il dato non è così
confortante per Murray perché significa che, se arriverà tra i
migliori quattro, a lui toccherà il numero 1 del seeding e
dominatore assoluto del tennis in quel momento, Djokovic. Il pensiero
di molti è che, quindi, il suo obiettivo sia una medaglia, più
probabilmente quella di bronzo, visto che la finale tra il serbo e lo
svizzero sembra già scritta.
Murray
supera 6-3 6-3 l'ostico Wawrinka, 6-2 6-4 il finlandese Nieminem e
rischia non poco al terzo turno con il sempre temibile Baghdatis,
sconfitto 4-6 6-1 6-4. Ai quarti Almagro è sconfitto agilmente 6-4
6-1, ma di sorprese, anche nelle altre parti del tabellone, non ce ne
sono state, se non l'eliminazione di David Ferrer (testa di serie #4)
al terzo turno, che porta Del Potro alle semifinali. Tutto è andato
come previsto e Federer al termine di una battaglia epica, conclusasi
3-6 7-6 19-17, ha estromesso l'argentino dalla finale, diventando
così il primo tennista ad assicurarsi una medaglia. Andy deve
vedersela con il serbo contro cui ha perso 4 dei 6 incontri
precedenti e un Australian Open in finale nel 2011. Il pubblico di
casa è tutto per lui e lo scozzese non tradisce le aspettative dei
britannici, chiudendo con un secco 7-5 7-5 una partita condotta
magistralmente. È finale, è medaglia assicurata. Tra lui e la
gloria c'è solo colui che è considerato il più forte giocatore di
sempre, che ambisce a vincere l'oro olimpico come ultimo tassello per
completare un palmares sublime, Roger Federer. La finale è al meglio
dei 5 set e sembra prospettarsi come una battaglia tra due tennisti
in forma e pronti a giocarsela fino alla fine.
Murray
però arriva alla finale carico al massimo, visto che fino ad allora
aveva perso solo 1 set e 39 games, e Wimbledon, il campo più famoso
e affascinante del mondo, addobbato in versione 5 cerchi per
l'occasione, è scatenato al pensiero che possa vincere un suo
beniamino. La bolgia britannica, solitamente tifosa dell'elvetico per
le sue imprese in terra inglese, questa volta ha il proprio campione
da supportare e Andy gioca la miglior partita della sua carriera
proprio nella giornata più importante e attesa della carriera. Il
punteggio è senza storia: 6-2 6-1 6-4. L'oro finisce al collo del
padrone di casa, che riporta la medaglia più ambita in patria nel
tennis dopo il 1908 e Murray ottiene la sua vittoria più importante
davanti al pubblico festante. La consacrazione è attesa nel
successivo Slam, l'US Open e lo scozzese ancora una volta non
sbaglia, vincendo il suo primo torneo dei magnifici quattro in finale
contro Djokovic in 5 tiratissimi set (7-6 7-5 2-6 3-6 6-2). E' ormai
un grande del tennis mondiale e chiude l'anno in terza posizione
nella classifica ATP, scavalcando Rafa Nadal.
Quando
Andy viene sconfitto in finale all'Australian Open (terza sconfitta
in tre finali nella terra dei canguri) dalla rivincita del serbo in 4
set (7-6 6-7 3-6 2-6), ecco che la sua stagione inizia a costruirsi e
pianificarsi solo in base al primo e maggiore obiettivo, in primis di
un qualsiasi tennista britannico, ma soprattutto di Murray
quest'anno: Wimbledon. Vince il Masters 1000 di Miami e poco altro,
visto che non partecipa al Roland Garros, vuoi per un piccolo
infortunio patito a Roma, vuoi perché la terra rossa non è ancora
nelle sue corde e non è il 2013 l'anno giusto per concentrarci
troppe energie. Lo scozzese sogna di ripetere l'impresa olimpica, di
fronte ai suoi tifosi, e di portare a casa un altro torneo dello
Slam, il più prestigioso e ricordato. L'All
England Lawn Tennis and Croquet Club è tutto per lui dopo la
sconfitta in finale patita nel 2012 da Roger Federer, la più
dolorosa e bruciante della carriera di Andy che, però, da quel
momento ha iniziato una nuova vita, fatta di gloria e successi.
Lo
scozzese è la testa di serie numero 2 del torneo, quindi è nella
parte bassa del tabellone, e il pericolo Djokovic, stabilmente al
comando della classifica ATP è scongiurato fino a una possibile
sfida finale. A rendere il cammino semplice ci pensano gli altri
avversari più temibili sulla strada verso la vittoria: Federer (#3)
esce sconfitto al secondo turno contro il semi-sconosciuto
Stachovskyj, Ferrer (#4) arriva fino ai quarti, ma perde poi la sfida
contro Del Potro (#8), Nadal (#5) addirittura al primo turno contro
il belga Darcis (che addirittura nemmeno scende in campo il giorno
dopo, eliminato quindi senza giocare) e Tsonga (#6) si ritira al
secondo turno. Murray, dopo le facili vittorie contro Becker, Y-H Lu,
Robredo e Jouzhny senza perdere neanche un set, trova Verdasco nei
quarti. Lo spagnolo è da tempo fuori dai top players del seeding ma
va sopra di due set sul 6-4 6-3, ma Andy recupera lo svantaggio e lo
batte 6-1 6-4 7-5 nei successivi tre set, accedendo alle semifinali.
La storia sembra ripetersi quando il polacco Janowicz, alla prima
apparizione nella semi di uno Slam, nonostante il tifo tutto contro
di lui, si porta avanti 7-6 4-1, salvo poi perdere 5 game in fila e
cedere il set 4-6. Il britannico gioca un brutto tennis anche per
metà del terzo quarto, subendo le bordate di Janowicz e giocando
senza profondità e incisività. Col calare della sera, però, cala
anche il sipario sull'esordiente Jerzy, che crolla e perde alla fine
in 4 set, con i due parziali decisivi che si chiudono 6-4 6-3 per
Murray, che raggiunge la seconda finale di fila sull'erba di casa e,
questa volta, sembra davvero poter essere il favorito.
Dall'altra
parte Djokovic ha avuto vita più o meno facile, ma in semifinale
contro Del Potro ha dovuto lottare in una maratona di 5 set
combattutissimi (7-5 4-6 7-6 6-7 6-3) e non ha espresso un gioco allo
stesso tempo fluido e potente come suo solito. La finale contro
Murray, inoltre, è “in trasferta” perché Wimbledon tifa tutta
per il suo beniamino e non nasconde un entusiasmo assoluto per
cancellare un'attesa che dura da 77 anni, quando Fred Perry fu
l'ultimo britannico a vincere sull'erba inglese. Djokovic ha vinto
l'ultima sfida in finale tra i due, ma sembra stanco e debilitato: il
primo set gli scappa di mano una prima volta, recupera il break, ma
perde di nuovo il servizio e Murray chiude 6-4 con 16 vincenti contro
6 e senza i 17 errori non forzati del serbo. Il secondo set sembra
nelle mani di Nole, avanti 4-2 e servizio, che però si incarta da
solo con un doppio fallo decisivo e perde il vantaggio, peggiorando
poi la situazione innervosendosi e sbagliando ancora sul suo turno di
battuta. Lo scozzese chiude 7-5 e la folla è in delirio, il trionfo
si avvicina. Break e controbreak si alternano nel terzo set fino al
5-4 Murray e servizio. Sopra 40-0 è a un passo dalla vittoria.
Djokovic ha la prima reazione da campione di tutto il match e li
annulla tutti e 3. Ha poi due palle del controbreak, che lasciano
Londra e i britannici col fiato sospeso. Lo scozzese le annulla e si
prende il quarto match point. Un servizio potente e un errore,
l'ennesimo, di Nole spedisce Andy in paradiso. Il miracolo che a
Wimbledon aspettavano dal 1936 si è compiuto, finalmente. Dopo
l'Olimpiade di Londra il ragazzo di Glasgow si prende pure lo Slam
più importante. È diventato un campione assoluto.
Nessuno
sa dire che cosa succederà ora, se Murray continuerà nella sua
striscia straordinaria di successi dell'ultimo anno, se tornerà a
essere secondo negli scontri diretti contro i suoi rivali più forti
o chissà cos'altro. Sicuramente dalla finale di Wimbledon 2012, da
quella sconfitta scottante e mai dimenticata, lo scozzese è
cresciuto a vista d'occhio e ora può giocarsi tutti i tornei alla
pari anche contro il numero 1 del mondo. E chissà, magari presto,
sarà lui a guardare tutti dall'alto al basso della classifica ATP.
Complimenti Sir Andy, il nuovo baronetto del tennis mondiale.
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