Basta un episodio per definire il
talento, la dedizione, la voglia di essere il primo, il migliore, la
forza di volontà e la grandezza di Larry Bird
. È il 12 marzo 1985
e i Celtics sono a New Orleans a sfidare gli Atlanta Hawks (era
normale all'epoca giocare in città dove non esistevano franchigie
per dare maggior popolarità alla NBA). Nove giorni prima Kevin
McHale aveva dato spettacolo timbrando il nuovo massimo in una
partita per un giocatore di Boston, 56 punti contro i Pistons. Dopo
due notti si era ripetuto su ottimi livelli, segnandone 42 contro i
Knicks. A Bird, l'uomo che doveva avere sempre nelle mani il tiro
decisivo, che voleva a tutti costi l'ultimo per sé, che doveva
dominare gli avversari con la sua grandezza fatta di semplicità e
lavoro, questi exploit non devono essere andati troppo a genio. Ecco
perché quella notte, nella città del Jazz, suonò una melodia
difficile da dimenticare, che resta tuttora la più grande mai
composta da un giocatore dei C's. Con un terzo quarto fatto di 19
punti, tutti segnati con jumper da almeno 6 metri, un quarto periodo
in cui ha segnato tutti gli ultimi 16 di squadra e una partita da
22/36 dal campo e 15/16 ai tiri liberi, Bird scrive 60 tondi tondi
sul tabellone. McHale è cancellato, nella storia dei Celtics il
primo, il migliore deve essere lui, Larry Joe Bird.
Nato nel dicembre 1956 nel cuore
dell'Indiana e cresciuto nel French Lick, ha reso famoso il suo luogo
d'origine, povero altrimenti di attrattive o di qualsiasi cosa da
ricordare, per un soprannome che si affibbiò da solo al suo arrivo a
Boston: The Hick (letteralmente, il bifolco) from French Lick. Tanto
bifolco, però, non era, tanto che divenne, grazie ad un talento
spaventoso, unito ad un'etica del lavoro ferrea e disciplinata e a
una voglia di vincere senza pari, probabilmente il tiratore più
efficace mai visto su un parquet NBA. Simbolo del basket essenziale,
capace di trasformare dei mezzi atletici non eccezionali in una
tecnica perfetta, con una mentalità da campione in grado di dare
spettacolo, ma allo stesso tempo essere tremendamente efficace.
Simbolo, nello stesso tempo, del team player, del go-to-guy come si
definirebbe oggi, l'uomo dell'ultimo tiro, della vittoria, ma anche
del “vero basket”, quello senza fronzoli, che disprezza l'All
Star Game per giocare al massimo tutte le partite che contano
davvero, dalla stagione regolare, ai playoff, alle finali senza
distinguere l'uno e l'altro match, giocandoli tutti al massimo delle
proprie potenzialità.
Cresciuto in uno Stato in cui il
basket è l'unico sport che conta, talento mai visto in quel piccolo
liceo a Spring Valley, già da giovane dimostrò una capacità di
tiro assolutamente fuori dalla media e di non fermarsi davanti a
niente e a nessuno. La serata più bella e nello stesso tempo più
tragica della carriera liceale di Bird vede il ragazzo segnarne 54
con 38 rimbalzi, con record annessi della Contea, sotto gli occhi di
papà, almeno nella seconda parte di partita. Quel padre che, però,
finita la partita, si suicida, reduce di una Guerra di Corea che lo
ha segnato e sconvolto troppo nel profondo. Nasce da qui la leggenda
dell'Uomo Bianco forse più forte di sempre a giocare a basket, qui
dove finisce la storia di colui che l'aveva messo al mondo.
Scelto
con la sesta chiamata da Boston nel Draft 1978, Bird decise però di
passare un altro anno a Indiana State, dove aveva giocato le sue
prime due stagioni NCAA con statistiche da record, giusto per
compiere un'altra impresa, prima di entrare in NBA. Portò infatti il
suo team ad una stagione regolare fatta di 29 vittorie e nessuna
sconfitta, arrivando alla finale da imbattuti, per poi essere
sconfitti da Michigan State, guidata da Magic Johnson, futuro rivale
di Larry sui parquet che contano. Oltre ai 29 punti di media, conditi
da quasi 15 rimbalzi e 6 assist a partita di The Great White Hope, la
stagione resta
tuttora la migliore e
più importante per i Sycamore nella loro storia, tanto che il team
dell'Indiana non aveva mai e non avrebbe più raggiunto una finale
NCAA. Bird era pronto a volare nella NBA, subito da protagonista.
L'impatto
fu immediato e i biancoverdi vinsero 32 gare in più rispetto
all'anno precedente, con il loro nuovo beniamino che ne metteva 20+10
rimbalzi
di media a notte. La
nomina, quasi scontata, a Rookie of the Year non rende però a pieno
il peso dell'arrivo di Larry nel Massachusetts. Dopo l'era di Bill
Russell e della dinastia Celtics che vinse 11 titoli in 13 anni,
Boston aveva vinto due titoli nel 1974 e 1976, ma le due stagioni
successive erano state tragiche, forse le peggiori di sempre, con un
record di molto negativo e i playoff che sembravano un miraggio. La
franchigia sembrava destinata a cadere nell'ombra della sua
precedente grandezza, ma Bird riportò in auge l' “antico”
splendore. Con l'arrivo, nel 1980, di McHale e Parish, a formare
quello che è stato definito il più forte frontcourt (centro, ala
grande e ala piccola) di sempre, il ragazzo da Indiana State guidò
dapprima i Celtics al miglior record nella stagione regolare e
successivamente al titolo, anche se l'MVP delle Finals fu Cedric
Maxwell.
Bird
preparava ogni partita al meglio, per vincere sempre. Lo dimostra il
fatto che Boston, dal suo arrivo nel 1979 fece segnare nei 7 anni
successivi per ben 6 volte il miglior record in stagione regolare e
Larry vinse il titolo di Most Valuable Player della stagione
regolare, nelle ultime 3 edizioni.
A fermare la cavalcata dei Celtics verso l'anello furono i
Philadelphia 76ers di Julius Erving per tre volte nella finale di
Conference, mentre in altre 2 furono bloccati dai Los Angeles Lakers
nelle Finals, guidati
dal rivale di una vita, Magic Johnson. Il duello tra questi due
fenomeni della palla a spicchi resterà per sempre nella leggenda del
basket americano. L'introverso (ad
eccezione del suo trash talking sempre pungente)
e operaio Larry incontrò in svariate occasioni l'animato e
cinematografico
rivale, ma dei loro
duelli si ricordano soprattutto le 3 serie di finale tra il 1984 e il
1987, spartite con due vittorie californiane e una di Boston. Nel
1984 si rivide per la prima volta la finale tra Celtics e Lakers,
dopo le 6 sconfitte gialloviola in altrettante finali nell'era della
Dinastia di Bill Russell. Bird guidò il Celtic-pride
alla conquista
dell'ennesimo titolo per la franchigia in 7 durissime gare con
annesso ulteriore smacco per i losangelini. Fu votato MVP della
serie, titolo che aggiunse a quello ottenuto in stagione regolare.
Era ormai diventato il miglior giocatore di tutta la NBA.
L'anno
successivo, però, le Finals finirono nelle mani dei Lakers,
nonostante la schiacciante vittoria in gara 1 a Boston dei padroni di
casa, ancor oggi ricordata come il “Massacro del Memorial Day”
(+34 alla fine sul tabellone). Il 4-2 fu senza appello e Bird,
nonostante continuasse a essere tra i giocatori più forti nella
Lega, restò a secco. Il 1986 è l'anno in cui la carriera di Larry
raggiunse il punto più alto, così come quella dell'intera storia
della franchigia, ed egli espresse il miglior gioco della sua lunga
vita di vittorie e successi, sia come intensità che come
statistiche.
Dopo aver eliminato i
Bulls del primo, straripante Jordan la strada fu in discesa, anche
grazie al colpaccio dei Rockets che eliminarono gli acerrimi nemici
dei Celtics in finale di Conference. Un 4-2 praticamente senza storia
sancì il successo della miglior squadra che probabilmente abbia mai
varcato le soglie del Boston Garden. L'anno successivo Boston perse
il titolo in finale, ancora una volta contro i Lakers di Magic (2-4),
e da quell'ultima apparizione all'atto decisivo per lo squadrone
guidato dal Bianco più forte di sempre, avrebbe lasciato la
leadership ad Est ai Detroit Pistons e ai Chicago Bulls per lungo
tempo. Il mito di Bird, però non era ancora destinato a svanire.
Nell'All
Star Game del 1986 viene presentato per la prima volta il Three Point
Shootout, la gara del tiro da 3 punti. Prima di scendere in campo
Bird entra in spogliatoio e chiede agli avversari chi di loro sarebbe
arrivato secondo, perché al massimo avrebbero potuto ambire a quel
piazzamento. Naturalmente il vincitore fu lui. E non solo quell'anno,
perché si ripeté per 3 anni consecutivi fino a quando la sua
fragile schiena non iniziò a dargli seri problemi al tiro. Il
calvario, iniziato nel 1988, che non permise a Larry di raggiungere
altri traguardi importanti coi Celtics, non gli impedì di far parte
della più grande squadra di basket di tutti i tempi, il Dream Team
americano che conquistò l'oro olimpico di Barcellona 1992, come
co-capitano della squadra insieme a Magic Johnson. I due rivali si
erano riuniti, come il 3 febbraio 1993, giorno in cui la maglia
numero 33 del fenomeno da Indiana State venne ritirata e issata sul
soffitto del Garden. Mentre Bird osservava la sua carriera giungere
al termine nell'olimpo biancoverde, Magic si toglieva la casacca
Lakers per mostrargli una maglia dei Celtics che indossava sotto di
essa. I due campioni scoppiarono a ridere davanti a una folla
entusiasta. La loro rivalità era cosa da consumare sui parquet, con
una palla a spicchi e una vittoria da contendersi, ora c'era solo
spazio per la commozione e il ricordo di un duello epico.
Ho
ripercorso velocemente una carriera che meriterebbe pagine e pagine
per essere raccontata, analizzando solo gli aneddoti più importanti
che hanno reso Bird un personaggio da leggenda. Da ricordare, ultimo
solo a livello cronologico, che Larry decise di tornare ad Indiana
come allenatore nel 1997 ed è tuttora l'unico nella storia NBA ad
aver vinto il titolo di MVP della stagione regolare sia come
giocatore (1984-86) che come allenatore (1998), oltre ad aver portato
i Pacers al miglior record della loro storia (58-24) e alla loro
unica apparizione nelle Finals (2000), perse 4-2 contro indovinate un
po' chi? I Lakers, rivali di una vita per The Great White Hope. Non
serve altro per definire Larry Legend, se non una frase bellissima come quella di Howie Chizek:
“Larry Bird lancia semplicemente la palla in aria, dopodiché ci pensa Dio a spostare il canestro per farla entrare”.
“Larry Bird lancia semplicemente la palla in aria, dopodiché ci pensa Dio a spostare il canestro per farla entrare”.
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