Gli
unici che lo scorso anno sono riusciti a mettere sotto scacco gli
Spurs, prima delle Finals perse in 7 battaglie contro i fenomenali
Heat di LeBron, e a farli seriamente tentennare nel loro cammino
verso il titolo sono stati la squadra che non ti aspetti. Quella
squadra che comincia la regular season in maniera straordinaria,
restando per molti mesi tra le primissime, e poi rischia di buttare
tutto al vento in un finale di stagione al cardiopalma, chiudendo al
sesto posto. Quella squadra che, pur dominando in termini di gioco e
di prestazioni in maniera netta ed incontrovertibile contro i Nuggets
al primo turno di playoffs, chiude la serie in gara 6 facendo tremare
il proprio pubblico nell’ultimo periodo dopo un terzo quarto al
limite della perfezione. Quella squadra che unisce qualità e talento
a inesperienza e scelleratezza, giocate straordinarie e prestazioni
incredibili a una difesa troppo ballerina e momenti di blackout
totale. Quella squadra sono i Golden State Warriors.
Se
la presenza di tanti giovani di assoluto valore nel roster è stata
la croce e delizia della passata stagione a San Francisco, quest’anno
Bob Myers e gli altri addetti ai lavori hanno cercato di puntare
sull’esperienza nel mercato estivo per puntellare le mancanze del
team. Da Phoenix è arrivato Jermaine O’Neal, uomo spogliatoio che
da 17 anni fa parte del mondo NBA, dai Cavs Marreesse Speights, buon
ala grande-centro da inserire nelle rotazioni di coach Mark Jackson,
ma soprattutto dai Nuggets è giunto chi, con tutta probabilità,
farà fare il salto di qualità alla compagine californiana: Andre
Iguodala.
Non
è incredibile soltanto l’acquisizione di un giocatore dal talento
assoluto come il prodotto di Arizona, quanto più il modus operandi
per portarlo in California. Già promesso ai Mavs, che gli avevano
offerto un contratto più che oneroso, Iggy ha deciso invece di
firmare per Golden State, ma solo a seguito delle cessioni
dell’ultimo minuto di Andris Biedrins, Richard Jefferson e Brandon
Rush (24 milioni di risparmio sul salary cap Warriors) ai Jazz. Un
importante contratto, da 12 milioni annui per 4 stagioni, unito alla
consapevolezza di Iguodala di essere il completamento perfetto per il
team, lo ha portato a scegliere di diventare un nuovo idolo del
pubblico dell’Oracle Center. Il motivo per cui i Warriors non
avrebbero potuto scegliere di meglio non è tanto il ruolo, visto
che, ai posti 2 e 3, Thompson e Barnes non hanno affatto sfigurato la
stagione scorsa, quanto la straordinaria capacità dell’ex Nuggets
di difendere alla grande. Le sue enormi potenzialità sull’altro
lato del campo, unite a un gioco di penetra e scarica perfetto, ne
fanno l’innesto ideale in una squadra dotata di tante soluzioni
offensive di livello.
Fondamentale
sarà poi recuperare a pieno regime le prestazioni di Andrew Bogut e
David Lee. Il centro australiano, prima scelta del 2005, ha fatto
capire la sua importanza nella gara decisiva contro Denver sopra
citata, in cui ha messo a segno 14 punti, raccolto 21 rimbalzi e
dominato la scena sotto canestro. Se si riprenderà a pieno dai
problemi fisici che lo hanno colpito diventerà un’arma
fondamentale per i successi dei Warriors, sia in termini di rimbalzi
e di stoppate che di esperienza e peso specifico. Lee è invece uno
dei giocatori più sottovalutati della Lega, ma che apporta sempre un
contributo straordinario al proprio team. Oltre a essersi guadagnato
un posto come riserva nell’ultimo All Star Game, ha chiuso al primo
posto come doppie-doppie lo scorso anno con 56 e ha terminato le
ultime 5 stagioni sempre sopra i 15 punti e 9 rimbalzi di media,
diventando un fattore a Golden State. Solo un infortunio all’anca
l’ha messo fuori gioco nei playoffs, ma è atteso alla stagione
della possibile consacrazione definitiva.
Due
delle sorprese dello scorso anno sono stati i giovani terribili Klay
Thompson e Harrison Barnes. La guardia al terzo anno da Washington
State ha alzato in maniera esponenziale il suo minutaggio e le sue
statistiche, tirando quasi il doppio rispetto al suo anno da rookie e
mantenendosi comunque oltre il 40% da 3 punti. Alla sua prima
apparizione ai playoffs non ha tentennato, anzi contro San Antonio ha
espresso il suo miglior basket, oltre i 15 punti e 5 rimbalzi di
media, ma soprattutto tirando con un fantasmagorico 54% coi piedi
dietro l’arco. Allo stesso modo Barnes si è reso protagonista di
una post-season invidiabile, soprattutto in semifinale di Conference,
dove con 17 punti e 7 rimbalzi di media ha quasi raddoppiato le medie
di una regular season comunque giocata a buon livello e
caratterizzata anche da numeri e schiacciate (se non avete mai visto
quella in testa a Pekovic aprite subito You Tube!) da campione.
Entrambi hanno ancora bisogno di crescere e di entrare a pieno ritmo
negli schemi di coach Jackson, ma hanno le potenzialità per
diventare dei grandissimi giocatori e condurre la squadra di San
Francisco a ottimi traguardi.
Il
vero fenomeno in casa Warriors è però l’uomo che ha trasformato
questa squadra da una mediocre e di bassa classifica in una
cenerentola con sogni di gloria: Steph Curry. Inutile ricordare la
prestazione da 54 punti al Madison Square Garden o le 272 triple
segnate in 82 partite, record assoluto in una regular season o altre
statistiche (se volete saperne di più leggete
qui!).
Ciò che ha sorpreso più di tutto è stato il suo essere diventato
un leader, l’uomo squadra che si assume la responsabilità del tiro
quando pesa di più e il più delle volte lo mette a segno, il
giocatore in grado di rovesciare una partita a suo favore o di
spaccarne un’altra con una serie di canestri incredibili. Se poi
andiamo ad analizzare i dati, con quasi 23 punti e 7 assist di media,
uniti al 90% dalla lunetta e al 45% da fuori (272/600!), tutti
migliorati, tranne quest’ultimo, nei playoffs, scopriamo quanto
abbiano inciso le sue prestazioni nell’annata di Golden State. Ora
che al suo fianco c’è un altro grandissimo come Iguodala e la
società non ha fatto cessioni eccellenti, le pressioni saranno un
po’ meno sulle spalle di Steph e ci si aspetta la sua conferma su
questi livelli per celebrarlo a tutti gli effetti come uno dei più
forti giocatori della Lega.
Chi
dovrà farsi le ossa alle spalle di Curry è la scelta numero 30
dell’ultimo Draft, unica di Golden State nei piani alti, Nemanja
Nedovic, arrivato dal Lietuvos Rytas. Già pronto fisicamente e
atleticamente, ma ancora sotto la media a livello di precisione e
tecnica di tiro, il serbo non è ancora pronto per essere decisivo in
NBA, ma può allenarsi con tutta calma e tranquillità dietro al
fenomeno Steph, anche se, con la cessione di Jarrett Jack ai Cavs, ci
si aspetta subito qualcosa da lui.
Se
coach Mark Jackson riuscirà ad unire al meglio questo mix infuocato
di giovani stelle e veterani di lusso, ecco che Golden State potrà
arrivare davvero lontano. Se l’anno scorso poteva sembrare un fuoco
di paglia, sono pronto a scommettere che quest’anno i californiani
si confermeranno ad altissimi livelli e potranno anche ambire a
traguardi anche migliori. Quel che è sicuro è che il divertimento
non mancherà all’Oracle Arena e San Francisco riprenderà a
conoscere il grande basket nella sua città.
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