Chi
erano stati gli ultimi e unici due a segnarne più di 50 al Madison
Square Garden? Ah si, niente di che, due da 11 anelli e quasi 65.000
punti nella Lega messi insieme, tali Kobe Bryant (61 nel 2009) e
Michael Jordan (55 nel 1995). Ecco poi, chi era quel giocatore che,
esultando per una serie impressionante di triple messe a segno (11
nella notte di New York, a una dal record assoluto per singolo
match), correva per il campo dandosi alla pazza gioia? Un altro
sconosciuto, che si ricordano forse solo a Indianapolis, tale Reggie
Miller. Ed infine non ricordo chi è stato quello che ha messo più
di 270 triple in una singola stagione? Ah già, nessuno, perché Ray
Allen si è fermato a 269 nel 2005/06. Nessuno fino a che,
quest'anno, un playmaker da Davidson College, in maglia Warriors, ne
ha piazzate 272, di cui 11 nella città della Grande Mela per uno
score complessivo di 54 punti. Stiamo parlando di Stephen Curry.
Dopo
una carriera sensazionale al college nelle file dei Wildcats, che gli
valse numerosi premi oltre a record incredibili, tra cui ricordiamo
quello curioso con il fratello Seth per il maggior numero di punti
segnati da due fratelli nella NCAA (4.736 per i due Curry), Stephen
viene scelto con la settima chiamata dai Golden State Warriors, dove
milita tuttora. Dopo il padre Dell, sesto uomo dell'anno nel 93/94, e
prima del fratello Seth, che comunque sta lavorando bene a Duke, ecco
un altro di questa mirabolante famiglia di cestisti nel mondo NBA.
Nella sua stagione da rookie, Curry mette in mostra tutte le sue
qualità, chiudendo la stagione con 5 partite oltre i 30 punti e con
almeno 10 assistenze, un career high di 42 contro i Blazers e ben 166
triple messe a segno. Solo un grandissimo Tyreke Evans, quarto a
riuscire nell'impresa di chiudere la stagione d'esordio con almeno 20
punti, 5 rimbalzi e 5 assist, gli preclude la strada verso il titolo
di Rookie of the Year, relegandolo al secondo posto.
La
seconda stagione del promettente talento dei Warriors è sui livelli
della prima, anzi Curry si toglie 3 soddisfazioni non indifferenti:
vince l'NBA Sportmanship Award, come miglior giocatore sui parquet
per quanto riguarda comportamento, integrità morale e fairplay; si
aggiudica il Taco Bell Skills Challenge nel sabato dell'All Star
Game, con il tempo di 28.2, battendo Russell Westbrook; guida la Lega
come percentuale ai liberi, migliorando anche il record di franchigia
fino al 93,4% con 212-227 dalla lunetta. Altri due aspetti importanti
di questa stagione sono subito detti: Steph guida la sua squadra ad
un miglioramento di ben 10 vittorie rispetto all'anno precedente,
benché non arrivi né il record positivo (36-46) né la
qualificazione ai playoff; il ragazzo è costretto a saltare 8 gare
in stagione per colpa della caviglia destra, che non gli darà tregua
per tutto l'anno seguente. Tanto che, nella scorsa stagione, Curry
giocherà solo 26 partite su 66 (non 82 per colpa del lockout),
abbassando vistosamente tutte le sue medie e non riuscendo quindi ad
aiutare più di tanto i Warriors, che chiuderanno infatti un'annata
fallimentare fatta di sole 23 vittorie.
Il suo fisico gracile e una caviglia
destra di cristallo hanno portato a pensare che, nonostante delle
abilità fuori dal comune, soprattutto oltre l'arco, la sua carriera
potesse interrompersi o subire una flessione prematuramente. Curry,
però, non è il tipo di persona che si dà per vinta. I suoi
allenamenti sono fatti, nella loro parte finale, di 10 minuti
consecutivi di canestri da 3 punti, senza interruzione. Avete capito
bene, canestri, perché di tiri sbagliati ce ne sono veramente pochi.
In questa stagione, detto in precedenza del record incredibile di
tiri da 3 segnati, Steph ha tenuto il 45% di media su 7,7 tiri
tentati a partita dai 7 e 25, cifre mai ottenute da nessuno prima di
lui in una singola annata. Inoltre, il suo gioco è migliorato in
maniera vistosa, tanto che ha chiuso la regular season con quasi 7
assist di media e, anche grazie agli investimenti recenti di Golden
State, che hanno reso la squadra competitiva per la post season, ha
guidato i Warriors ai playoff per la prima volta dal 2007, con il
record 47-35, il sesto a Ovest. Nonostante fosse un esordio sui
parquet di una serie per tutti i componenti del team, escluso Andrew
Bogut, il loro battesimo si è chiuso con un'incredibile vittoria in
6 partite contro i favoritissimi Denver Nuggets, che avevano
ambizioni di vittoria anche di Conference, nonostante l'assenza di
uno dei loro migliori giocatori, Danilo Gallinari. Per interrompere
la striscia di 24 vittorie consecutive al Pepsi Center, in gara 2,
Curry ha messo in mostra tutto il suo potenziale, con 30 punti e 13
assistenze, massimo raggiunto in una serie che, comunque, l'ha visto
sempre come protagonista assoluto.
Nonostante la sconfitta al secondo turno in 6 gara contro San Antonio, lottando comunque a viso aperto contro i numeri 2 a Ovest, Steph ha sicuramente giocato un'annata strepitosa. L'incredibile esclusione dall'All Star Game lo ha caricato di nuovi stimoli per fare ancora meglio e, ormai, possiamo dire con certezza di trovarci di fronte a un fenomeno assoluto del basket NBA. Se gli infortuni non lo fermeranno, siamo sicuri che ritroveremo Curry a lottare per gli obiettivi che contano e, magari tra qualche anno, anche per aggiudicarsi un anello. E non ci sarebbe nulla da stupirsi nemmeno se arrivassero nuovi record, perché, come è ben leggibile sulle sue scarpe, questo funambolico playmaker non si ferma davanti a nulla: “I Can Do All Things”!
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