lunedì 27 maggio 2013

STEP(H) UP!


Chi erano stati gli ultimi e unici due a segnarne più di 50 al Madison Square Garden? Ah si, niente di che, due da 11 anelli e quasi 65.000 punti nella Lega messi insieme, tali Kobe Bryant (61 nel 2009) e Michael Jordan (55 nel 1995). Ecco poi, chi era quel giocatore che, esultando per una serie impressionante di triple messe a segno (11 nella notte di New York, a una dal record assoluto per singolo match), correva per il campo dandosi alla pazza gioia? Un altro sconosciuto, che si ricordano forse solo a Indianapolis, tale Reggie Miller. Ed infine non ricordo chi è stato quello che ha messo più di 270 triple in una singola stagione? Ah già, nessuno, perché Ray Allen si è fermato a 269 nel 2005/06. Nessuno fino a che, quest'anno, un playmaker da Davidson College, in maglia Warriors, ne ha piazzate 272, di cui 11 nella città della Grande Mela per uno score complessivo di 54 punti. Stiamo parlando di Stephen Curry.



Dopo una carriera sensazionale al college nelle file dei Wildcats, che gli valse numerosi premi oltre a record incredibili, tra cui ricordiamo quello curioso con il fratello Seth per il maggior numero di punti segnati da due fratelli nella NCAA (4.736 per i due Curry), Stephen viene scelto con la settima chiamata dai Golden State Warriors, dove milita tuttora. Dopo il padre Dell, sesto uomo dell'anno nel 93/94, e prima del fratello Seth, che comunque sta lavorando bene a Duke, ecco un altro di questa mirabolante famiglia di cestisti nel mondo NBA. Nella sua stagione da rookie, Curry mette in mostra tutte le sue qualità, chiudendo la stagione con 5 partite oltre i 30 punti e con almeno 10 assistenze, un career high di 42 contro i Blazers e ben 166 triple messe a segno. Solo un grandissimo Tyreke Evans, quarto a riuscire nell'impresa di chiudere la stagione d'esordio con almeno 20 punti, 5 rimbalzi e 5 assist, gli preclude la strada verso il titolo di Rookie of the Year, relegandolo al secondo posto.

La seconda stagione del promettente talento dei Warriors è sui livelli della prima, anzi Curry si toglie 3 soddisfazioni non indifferenti: vince l'NBA Sportmanship Award, come miglior giocatore sui parquet per quanto riguarda comportamento, integrità morale e fairplay; si aggiudica il Taco Bell Skills Challenge nel sabato dell'All Star Game, con il tempo di 28.2, battendo Russell Westbrook; guida la Lega come percentuale ai liberi, migliorando anche il record di franchigia fino al 93,4% con 212-227 dalla lunetta. Altri due aspetti importanti di questa stagione sono subito detti: Steph guida la sua squadra ad un miglioramento di ben 10 vittorie rispetto all'anno precedente, benché non arrivi né il record positivo (36-46) né la qualificazione ai playoff; il ragazzo è costretto a saltare 8 gare in stagione per colpa della caviglia destra, che non gli darà tregua per tutto l'anno seguente. Tanto che, nella scorsa stagione, Curry giocherà solo 26 partite su 66 (non 82 per colpa del lockout), abbassando vistosamente tutte le sue medie e non riuscendo quindi ad aiutare più di tanto i Warriors, che chiuderanno infatti un'annata fallimentare fatta di sole 23 vittorie.

Il suo fisico gracile e una caviglia destra di cristallo hanno portato a pensare che, nonostante delle abilità fuori dal comune, soprattutto oltre l'arco, la sua carriera potesse interrompersi o subire una flessione prematuramente. Curry, però, non è il tipo di persona che si dà per vinta. I suoi allenamenti sono fatti, nella loro parte finale, di 10 minuti consecutivi di canestri da 3 punti, senza interruzione. Avete capito bene, canestri, perché di tiri sbagliati ce ne sono veramente pochi. In questa stagione, detto in precedenza del record incredibile di tiri da 3 segnati, Steph ha tenuto il 45% di media su 7,7 tiri tentati a partita dai 7 e 25, cifre mai ottenute da nessuno prima di lui in una singola annata. Inoltre, il suo gioco è migliorato in maniera vistosa, tanto che ha chiuso la regular season con quasi 7 assist di media e, anche grazie agli investimenti recenti di Golden State, che hanno reso la squadra competitiva per la post season, ha guidato i Warriors ai playoff per la prima volta dal 2007, con il record 47-35, il sesto a Ovest. Nonostante fosse un esordio sui parquet di una serie per tutti i componenti del team, escluso Andrew Bogut, il loro battesimo si è chiuso con un'incredibile vittoria in 6 partite contro i favoritissimi Denver Nuggets, che avevano ambizioni di vittoria anche di Conference, nonostante l'assenza di uno dei loro migliori giocatori, Danilo Gallinari. Per interrompere la striscia di 24 vittorie consecutive al Pepsi Center, in gara 2, Curry ha messo in mostra tutto il suo potenziale, con 30 punti e 13 assistenze, massimo raggiunto in una serie che, comunque, l'ha visto sempre come protagonista assoluto.

Nonostante la sconfitta al secondo turno in 6 gara contro San Antonio, lottando comunque a viso aperto contro i numeri 2 a Ovest, Steph ha sicuramente giocato un'annata strepitosa. L'incredibile esclusione dall'All Star Game lo ha caricato di nuovi stimoli per fare ancora meglio e, ormai, possiamo dire con certezza di trovarci di fronte a un fenomeno assoluto del basket NBA. Se gli infortuni non lo fermeranno, siamo sicuri che ritroveremo Curry a lottare per gli obiettivi che contano e, magari tra qualche anno, anche per aggiudicarsi un anello. E non ci sarebbe nulla da stupirsi nemmeno se arrivassero nuovi record, perché, come è ben leggibile sulle sue scarpe, questo funambolico playmaker non si ferma davanti a nulla: “I Can Do All Things”!

Nessun commento:

Posta un commento