A prescindere da come sia andata a finire la finale di Londra contro l'Olympiacos, campione in
carica, che ha completato uno storico back to back continentale
trionfando ancora domenica scorsa, il Real Madrid si è tolto più di
un sassolino dalla scarpa battendo il Barcellona nella semifinale del
venerdì e guadagnandosi il primo scontro per il titolo di campione
d'Europa addirittura dal 1995.
Viste le quasi
contemporanee semifinali del calcio che avrebbero potuto portare a un
match tutto iberico tra i due club anche in finale di Champions
League, il popolo castigliano e quello catalano già pregustavano una
doppia sfida al cardiopalma nei due sport di maggiore interesse del
Paese. Le cose non sono andate invece bene nel futbol, che ha
visto trionfare le formazioni tedesche opposte a Real e Barca, e
quindi non restava che concentrarsi con tutte le forze sulla sfida di
baloncesto. Le due compagini si sono affrontate molte volte
negli ultimi anni e, sebbene i blancos abbiano vinto alcune delle
sfide, sono stati i blaugrana di Xavi Pascual (che prima di venerdì
ne aveva perse solo 10 su quasi 40 contro i rivali storici) a portare
a casa le partite che contavano, che siano esse finali scudetto o
partite di Eurolega. Senza contare le vittorie in coppa del Barca (2)
contro le 0 dei madrileni ed il parziale di 7-3 in ambito di trofei
nella Liga ACB negli ultimi 15 anni di storia. La semifinale di
Londra poteva quindi essere l'ennesima straripante vittoria della
gestione Pascual, ma il Madrid non sembrava d'accordo.
Il Barcellona ha i suoi
punti di forza nel sempreverde Navarro, capace, soprattutto quando
vede blanco sul parquet, di prestazioni straordinarie, come i 33 con
un mostruoso 44 di valutazione nel dicembre scorso, nell'ex più
illustre, Tomic, centro di grande talento pronto a mio avviso anche
per il viaggio oltreoceano, e nella vena non sempre eccelsa di
Marcelinho, che oscilla tra l'eccezionale e l'imbarazzante senza
soluzione di continuità. Il Real invece ha nel suo roster un super
talento come Rudy Fernandez, corteggiato da molte squadre NBA, ma che
ha scelto di restare nella squadra che ha sempre tifato dopo il
lockout di due stagioni fa, oltre che il folletto Llull, capace di
azioni decisive a tutto campo, ma forse troppo discontinuo, e il
playmaker Rodriguez, altrettanto abile e altrettanto lunatico nel suo
fatturato. La sfida sembrava quindi destinata a essere combattuta sul
filo di lana, anche se, a parità di forze in campo, l'inerzia
sembrava più nelle mani dei blaugrana per la maggiore esperienza
delle sue componenti sui parquet delle Final Four.
Dopo un inizio
contratto di tutte e due le formazioni, con i primi 4 punti che
arrivano da Tomic in lunetta, sembra essere la squadra di Pascual a
prendere il match in mano, anche senza brillare per intensità. Sono
però i madrileni a mettere la testa avanti all'intervallo, grazie a
un secondo quarto da 28 punti che sono 8 in più del primo e del
terzo sommati insieme. È Llull a trascinare la rimonta madrilena,
con 3 triple e 11 punti nel quarto, oltre al capitano Reyes, che
mostra un assaggio delle sue qualità per il +6 Real al giro di boa.
Come detto però il rientro dagli spogliatoi non è però all'altezza
della situazione e il Barcellona, guidato dall'ex Tomic, si riporta
avanti e, anche vista l'astinenza dal canestro per gli avversari e un
magico Marcelinho da 19 punti e mano caldissima dai 7,25, il
vantaggio sembra farsi quasi decisivo sul 61-52 a 8 e spiccioli dal
termine. Ecco che però il trascinatore in blanco con la fascia da
capitano si mette a fare sul serio e infila una serie impressionanti
di canestri, mostrando anche una difesa impeccabile su Lorbek e
Tomic, aiutato da Rodriguez, che si ferma a un assist (9) dal record
all-time nelle Final Four, e mette a disposizione palloni
preziosissimi per i compagni. Rudy termina la pratica con un paio di
recuperi decisivi e il Real torna avanti, dove resterà fino al
finale di 74-67.
Ecco dunque che il
parquet esprime un giudizio per la maggior parte giusto, visto ciò
che hanno mostrato i bianchi per alcuni tratti del match, al limite
della perfezione, e viste le troppe disattenzioni invece del
Barcellona, incapace di mordere il match nelle fasi iniziali
facendolo suo e, ancor più grave, incapace di chiuderlo nella fase
finale, in cui non ha più trovato la via del canestro, ma nemmeno
l'intensità di gioco vista nel terzo periodo. I due protagonisti più
attesi, Rudy e Navarro, non hanno giocato sui loro standard, ma in
un'ipotetica sfida è il primo a spuntarla, grazie alla sua difesa
nella frazione finale e a due recuperi fondamentali, mentre La Bomba
stranamente non trova punti dopo l'intervallo e spreca numerose
occasioni di chiuderla definitivamente. Impressionanti i due
playmaker, Rodriguez come assist-man e Marcelinho come finalizzatore,
tanto quanto Reyes e Tomic, decisivi nei parziali che hanno portato
prima i blaugrana e poi il Real a condurre il match e assolutamente
dominanti sotto il tabellone. Un cenno di merito va a Slaughter per i
suoi 2 canestri nella parte più delicata della partita dei blancos,
capaci di tenere i castigliani attaccati a una semifinale che
rischiava di sfuggirgli di mano e allo stoico Jawai, entrato in campo
per un paio di minuti, visibilmente infortunato, per dare un aiuto ai
suoi nei momenti del recupero Real, anche se il suo sforzo è
risultato inutile.
Londra premia il Real,
che scrive una vittoria fondamentale nella serie di scontri in ogni
ambito, sportivo e non, contro il Barca, che cade, con la seconda
semifinale persa in due anni, e che dovrà cercare di rifarsi e di
ritrovare lo spirito vincente che l'ha contraddistinto negli ultimi
tempi. I blancos invece si “accontenano”, dopo la finale persa,
di aver scritto un pezzetto di storia, affondando la barca catalana.
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