Goran "The Dragon" Dragic.
Nel
cielo di Phoenix è nata una nuova, splendente stella.
O forse, semplicemente, ha portato a compimento un processo di
crescita che lo ha reso tra i più forti e decisivi playmaker della
Lega. Erano anni che lo sloveno veniva additato come il successore di
Steve Nash ai Suns, prima dell’esperienza nelle file dei Rockets e
del successivo ritorno in Arizona. In questa stagione è arrivata la
consacrazione definitiva, con annesso il premio di NBA Most Improved
Player of the Year.
Dopo
un Europeo da protagonista la scorsa estate, tra le mura amiche di
Slovenia, da 15.8 punti, 3.5 rimbalzi e 4.5 assistenze a partita,
ecco che Dragic si presentava ai blocchi di partenza della nuova
stagione NBA con non poche pressioni sulle spalle. Il roster dei
Suns, certamente ricco di talento, subiva, in partenza, il peso delle
sofferenze patite l’anno precedente, il peggiore da oltre vent’anni
a questa parte, fatto di sole 25 vittorie e ben 57 sconfitte.
L’arrivo di Eric Bledsoe e Gerald Green, la ricongiunzione dei
gemelli Morris, la possibile crescita dei giovani Miles Plumlee e
Alex Len lasciavano presagire una stagione da outsider, ma senza
particolari scossoni possibili o probabili. Nessuno, però, aveva
fatto i conti con le volontà di Goran Dragic.
L’esordio
è di quelli da segnare sul calendario: 26 punti, 6 rimbalzi e 9
assist per mettere all’angolo i Blazers, che vivranno, per altro,
un inizio di stagione magico. Tra novembre e dicembre la guardia
propone ancora una più che modesta precisione al tiro, che lo vede
sotto il 50% da due punti (47.8%) e sotto il 40% da tre (34.5%),
raccogliendo comunque un’ottima media di 18.1 punti, cui aggiunge
5.8 assist. Il 2013 si chiude con i Suns sorpresa assoluta della
Western Conference, in piena corsa per un posto nei playoff dopo
trenta partite giocate, con 19 vittorie e 11 sconfitte. L’ultima
uscita prima del nuovo anno, però, vede Bledsoe infortunarsi al
ginocchio. La guardia sarà costretta a saltare qualche mese di gare
e i Suns sembrano poter perdere molte delle loro possibilità di
volare in post-season. Comincia qui, però, il capolavoro di Goran
Dragic. Tra gennaio e febbraio lo sloveno vive un momento
straordinario: le sue medie schizzano a 22.9 punti a partita con il
54.1% da due punti e il 47.5% da oltre l’arco, cui si aggiungono
anche quasi 4 rimbalzi e 6.4 assistenze ad uscita. Se i Suns riescono
a mantenere un record positivo nei primi due mesi del 2014 (15-13),
il merito va soprattutto a Dragic e alle sue giocate straordinarie.
Phoenix resta in zona playoff, ma la corsa per la post-season è
serratissima.
Tra
marzo e aprile i Suns cercano di non perdere colpi. La guardia
slovena chiude marzo con medie simili a quelle tenute finora, oltre i
20 punti e con percentuali ancora strabilianti al tiro. Dieci
vittorie e sei sconfitte sembrano poter dare uno strattone decisivo
alle avversarie dirette per gli ultimi posti playoff. Aprile, però,
è il mese decisivo e Phoenix si scioglie ad un passo dal traguardo.
Il ritorno di Bledsoe sembra infastidire, invece che aiutare, Dragic,
che cala notevolmente il suo fatturato. Tre sconfitte nelle ultime
quattro partite giocate, di cui due decisive contro Mavericks e
Grizzlies, mettono la parola fine su una stagione incredibile, fatta
di 48 vittorie e 34 sconfitte, ma chiusa ad un altrettanto
incredibile nono posto ad Ovest.
Se
fosse stata ad Est, Phoenix, sarebbe arrivata terza. Magra
consolazione. Certo non si può puntare il dito contro lo sloveno,
decisivo tanto prima dell’All Star Game (20.3 punti e 6.2 assist),
da cui per altro Dragic è stato escluso in maniera abbastanza
controversa, quanto dopo (20.3 punti e 5.4 assist), tanto in casa (21
punti e 5.8 assist di media), quanto in trasferta (19.5 punti e 6
assist). Il totale delle sue prestazioni dice 20.3 punti (career
high), quasi 10 punti oltre le sue medie complessive in NBA, 3.2
rimbalzi (career high) e 5.9 assist, con un PIE del 13.4% e +4 di
plus/minus complessivo. L’aver tenuto la media da due oltre il 50%
e quella da tre oltre il 40%, con più di 20 punti ad uscita, è
un’impresa riuscita dal 1993 solo a Dirk Nowitzki, LeBron James e
Kevin Durant, tre fenomeni assoluti del passato recente.
Nonostante
la mancata qualificazione alla post-season, la guardia dei Suns si è
tolto una grandissima soddisfazione guadagnandosi il premio di Most
Improved Player of the Year. Con 408 voti su 1134, 65 primi posti su
126 giornalisti sportivi interpellati e 250 punti di vantaggio sul
secondo classificato, Lance Stephenson, Dragic ha vinto più
nettamente un premio che si è meritato dall’inizio alla fine. La
consapevolezza di essere tra le migliori guardie in NBA e la fiducia
acquisita con la vittoria di un titolo tanto importante sono la base
da cui cominciare per cercare di migliorarsi ancora l’anno
prossimo. In fondo, ai Suns e a Dragic, sarebbe bastato solo un
passetto in più per coronare il sogno playoff. Basta poco per
spiccare definitivamente il volo.
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