Best
of the East
Best
Team: Toronto Raptors
Non
un premio alla settimana, ma alla stagione di questi Raptors. Fuori
dai playoff nelle ultime cinque annate, di cui le ultime tre chiuse
con almeno dieci sconfitte più di quante siano state le vittorie, i
canadesi quest’anno stanno costruendo qualcosa di grande. Terzi, a
pari record con i Bulls, con 42 vittorie e 32 sconfitte, sono già
sicuri della post-season e di chiudere oltre il 50% di successi,
risultati che parevano impossibili, o per lo meno improbabili, meno
di 365 giorni fa, quando chiusero la regular season a quota 34-48,
tra le peggiori compagini nella Eastern. Eroi di questa stagione sono
stati DeMar DeRozan (22.7 punti di media), che ha vissuto una
crescita costante da leader di squadra, e Kyle Lowry (17.4 punti e
7.6), tra le migliori guardie ad Est. Il resto della squadra ha
costruito un gruppo fantastico e completo attorno ai due e oggi i
Raptors, nonostante l’ultima sconfitta contro gli Heat, per altro
preceduta da tre vittorie consecutive contro Celtics, due volte, e
Magic, possono sognare in grande. O, per lo meno, permettersi di
sognare.
Best
Player: J.R. Smith
Serviva
una scossa ai Knicks, per proseguire la loro rincorsa ai playoff.
L’ha portata il Sixth Man of the Year della scorsa stagione, colui
che li aveva guidati, con il suo mix di genio e sregolatezza, ad una
regular season molto più tranquilla l’anno passato. A New York le
cose semplici sembrano non piacere, ma se in settimana sono arrivate
tre vittorie fondamentali contro Kings, Warriors e Jazz, molto del
merito è proprio di J.R. Il suo show è iniziato contro Sacramento,
quando si è regalato un 10/19, con 9/12 da oltre l’arco, per 29
punti, diventando il secondo giocatore di sempre (dopo Kobe) ad aver
giocato quattro partite in carriera con almeno nove triple a segno.
Contro Golden State il suo rendimento è sceso a un 8/17 con 3/9 da
tre punti, ma ha comunque portato 21 punti e 5 rimbalzi. La partita
contro Utah era vinta in partenza, contro una squadra ormai senza
motivazioni. Peccato che nel frattempo siano arrivate anche due
sconfitte contro Suns e Lakers (abbastanza inspiegabile), altrimenti
il sorpasso ad Atlanta sarebbe stato cosa fatta. A New York le cose
semplici sembrano non piacere.
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of the West
Best
Team: Phoenix Suns
Peccato
per la brutta sconfitta contro i Lakers, che allo Staples Center
hanno vinto nettamente, perché i Suns stavano volando dritti verso
la post-season. Unica squadra, escludendo Spurs, Thunder e Clippers,
il trio delle meraviglie che guida la Conference, a guadagnarsi otto
vittorie e sole due sconfitte nelle ultime dieci partite giocate,
Phoenix è la franchigia che al momento si merita maggiormente questi
playoff. Sia per il miglioramento dalla scorsa stagione, quando
chiusero ad un misero 25-57, sia per il tasso tecnico e spettacolare
che mostrano ad ogni uscita sul parquet. I Suns giocano un grande
basket, guidati dal loro leader Goran Dragic, e se potessero contare
anche su Eric Bledsoe, probabilmente, starebbero anche qualche
posizione più in alto, ad Ovest. Le sei vittorie consecutive, prima
di LA, hanno portato Phoenix a quota 44-30, ora a pari merito con
Mavs e Grizzlies, con il loro medesimo record. Il problema è che una
delle tre rimarrà fuori dai playoff, pur con un probabile score di
oltre 50 vittorie. Capito perché le Conference vanno riviste?
Best
Player: Tim Duncan
Infinito.
Miglior giocatore della scorsa settimana nella Western Conference,
con l’intensità di un ragazzino e il cuore di un grande veterano.
Se gli Spurs sono arrivati a 18 vittorie consecutive, unici a
chiudere gli ultimi sette giorni senza sconfitte nell’intera Lega,
il merito va, in grandissima parte, al loro unico e grande leader.
Prima della non felicissima uscita contro i Pacers, comunque chiusasi
con un nettissimo successo Spurs, nelle precedenti quattro il
caraibico si è regalato medie da sogno: 20 punti, con il 62.5% al
tiro, 8.5 rimbalzi, 4.3 assist, 2 stoppate e una rubata a partita,
nelle vittorie contro Sixers, Nuggets, due volte, e Pelicans. Gli
Spurs sono, prima di tutto, una grandissima squadra, come dimostrano
i 25.5 assist di media che smazzano i suoi giocatori (1° in NBA), ed
ora viaggiano spediti verso le 60 vittorie (58-16), di cui 30 in casa
e 30 in trasferta, dopo essersi praticamente assicurati il primo
posto in Western Conference. Che squadra. D’altronde, con un leader
così…
Best
of the Rest
HEAT
BACK ON TOP:
i due volte campioni in carica sono tornati, dopo la scorsa notte di
gare, in testa alla Eastern Conference con 51 vittorie e 22
sconfitte, a discapito dei Pacers, di cui parleremo sotto. Miami ha
raccolto in settimana tre vittorie consecutive contro Pistons, Bucks
e Raptors. Se i primi due non sono avversari imprescindibili, Toronto
è temibile quest’anno più che mai. Il successo sui canadesi, come
premio, ha issato la squadra della Florida in vetta. Sperando di
restarci fino alla fine.
E
ADESSO?:
al gran ballo di fine stagione c’è una reginetta di troppo.
Mavericks, Grizzlies e Suns sono appaiate a quota 44-30, il che non
sarebbe certo un problema, visto il record fantastico del terzetto,
se non fosse che una dovrà restare fuori dai playoff. A otto gare
dal termine con 0.437 ad Est si va ai playoff, mentre ad Ovest uno
0.595 ancora non basta. Ci sono, però, pochi calcoli da fare ora. Se
Dallas e Phoenix dovranno darsi da fare in trasferta (19-17 per
entrambe finora), Memphis dovrà chiarire al più presto i suoi
problemi divisionali (3-11). Una di loro, in ogni caso e purtroppo,
resterà fuori.
Worst
of the East
Worst
Team: Atlanta Hawks
L’harakiri
degli Hawks, per la “gioia” di tutti i suoi tifosi, è quasi
completato. Atlanta, prima della vittoria contro i derelitti Sixers,
che non dovrebbe nemmeno essere motivo di vanto, ha perso sei partite
consecutive, di cui tre in settimana contro T-Wolves, Blazers e
Wizards. Se contro Washington almeno ha tentato di vincerla, finendo
per perdere di quattro, contro le due avversarie della Western
Conference nemmeno ha lottato, chiudendo rispettivamente sotto di 24
e 15 nel punteggio finale. New York si è portata a una sola partita
di distanza, frutto di due sconfitte in più subite finora. Data la
facilità con cui ultimamente gli Hawks perdono qualsiasi partita si
ritrovino a giocare, però, non inseguiranno ancora a lungo forse.
Quattro delle nove partite che restano da giocare sono contro squadre
con un record di molto negativo, altre quattro paiono quanto meno
proibitive e quella contro i Bobcats è tutta da giocare. Che i
Falchi ci sorprendano e si tengano stretti l’ottavo posto?
Speriamo, almeno per i loro tifosi.
Worst
Player: Roy Hibbert
Dov’è
finito il giocatore che doveva diventare il miglior difensore
dell’anno? Dopo la vittoria contro gli Heat, unico successo delle
ultime sei partite giocate da Indiana, i Pacers hanno subito quasi 95
punti di media tra Wizards, Cavaliers e Spurs, per altro segnandone
la miseria di 77 a partita. Hibbert ha segnato dieci conclusioni
sulle trenta tentate, con 9.7 punti di media, raccogliendo meno di
cinque rimbalzi e mettendo a segno solo due stoppate nelle ultime due
partite, dopo le cinque rifilate a Washington. La sua squadra è in
caduta libera ed ora è scivolata al secondo posto nella Eastern
Conference, superata da Miami. Il record in trasferta di Indiana è,
ad oggi, peggiore di quello di tutte le prime nove squadre ad Ovest
(19-18) e la squadra sembra giocare con una sufficienza mai vista
nella prima parte della stagione. Il record resta ottimo (52-23), ma
il fattore campo era una pedina fondamentale da giocare ai playoff.
Troppo tardi?
Worst
of the West
Worst
Team: Minnesota Timberwolves
I
tifosi dei T-Wolves saranno sempre destinati a vivere su un’altalena,
di risultati e di prestazioni, che porta più guai di quanti successi
riesca a regalare. Dopo aver battuto gli Hawks nettamente ed in
maniera convincente, dopo il record di punti segnati per la
franchigia, siglato contro i Lakers (143), ecco due nuove sconfitte
contro Nets e Clippers. Eppure una squadra che conta su elementi come
Kevin Love (26 punti e 12.6 rimbalzi di media), Kevin Martin (19.1
punti), Nikola Pekovic (17.4 punti e 8.7 rimbalzi), Ricky Rubio (8.9
punti e 8.5 assist) e compagnia non dovrebbe temere alcun avversario.
Forse, però, il più grande difetto di questi T-Wolves è di non
essere, per niente, una squadra e di non avere un vero leader a
guidarla. Oltre a una difesa più che rivedibile. Se qualche
sognatore, di immaginazione particolarmente fervida, avesse ancora
sperato di vederli ai playoff, dovrà abbandonare il desiderio,
almeno fino alla prossima stagione.
Worst
Player: Harrison Barnes
L’anno
scorso eravamo rimasti estasiati da alcune giocate di Barnes, dalla
sua potenza ed elevazione, dal suo talento che, insieme a quello di
Steph Curry, Klay Thompson e compagnia, aveva sorpreso tutti, facendo
sperare nei Warriors come sorpresa assoluta di questa stagione. Chi
non ha mai visto Barnes saltare in testa a Pekovic in quella
mostruosa schiacciata? Eppure l’ala, quest’anno, sembra la brutta
copia di sé stesso. Nelle ultime nove partite non ha mai tirato
sopra il 37% dal campo, con un totale di 54 conclusioni tentate e
solamente 12 messe a segno (22.2%). Le altre statistiche (3.6
rimbalzi e 1.9 assist) non aiutano di certo a regalare la sufficienza
al giocatore dei Warriors, che nel periodo hanno avuto alti e bassi,
con quattro vittorie e quattro sconfitte. Se Golden State sta
faticando molto più di quanto ci si aspettava alla vigilia (45-28 e
sesto posto ad Ovest), è anche per colpa di un Barnes
irriconoscibile. Speriamo ritorni in sesto per i playoff, per tornare
a vederlo volare sopra il ferro come l’anno scorso.
Worst
of the Rest
LE
NOBILI DECADUTE:
ora è ufficiale. Né Lakers né Celtics, le due franchigie più
importanti e vincenti di sempre nella NBA, quest’anno faranno parte
dei playoff. Entrambe le squadre stanno vivendo un periodo di
ricostruzione e ammodernamento dopo tante stagioni di successi e
chiuderanno con un record visibilmente negativo. A Los Angeles
(25-48), tanto quanto a Boston (23-51), mancheranno forse i sorrisi
quest’anno, ma le speranze di rinnovamento sono davvero tante. Non
resta che ricordare i vecchi successi, finché non si tornerà a
vincere.
A
WIN FOR THE SIXERS:
solo i Pistons di quest’anno, passati in fretta da papabile
sorpresa stagionale a delusione più totale, potevano concedersi il
lusso di perdere contro Philadelphia, di ben 25 punti, dopo che i
Sixers avevano raggiunto la peggior striscia negativa di sempre, con
26 KO consecutivi come solo i Cavs del dopo LeBron prima di loro. Non
saprei dire esattamente se questo è uno spazio per “celebrare”
Philly o denigrare Detroit. O, forse, entrambe le cose.
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