In
queste ore i tifosi dei Washington Redskins stanno gongolando per il
loro nuovo pezzo da 90 a disposizione di Robert Griffin e di coach
Jay Gruden. DeSean Jackson ha svolto tutte le visite mediche di rito
e ha postato su twitter le prime foto con la sua nuova maglia numero
11. Facciamo però un passo indietro e ripercorriamo la turbolenta
vicenda che ha portato Jackson nel District of Columbia.
L’1
marzo si fanno strada alcune voci su una possibile trade dei
Philadelphia Eagles per cercare di piazzare il loro ricevitore Pro
Bowler. Una notizia che lascia a bocca aperta (e con l’acquolina in
bocca) mezza lega. Si cerca immediatamente di capire perché gli
Eagles, che stanno costruendo un team per avanzare nei playoff,
vogliano liberarsi del loro miglior ricevitore, capace di ammassare,
durante l’ultima stagione, 1.332 yard e 9 touchdown. Si cercano
motivi economici prima di tutto, ma gli Eagles dal taglio di Jackson
non ricaverebbero molta liquidità e, soprattutto, non hanno bisogno
di firmare free-agent importanti, poiché sul mercato si sono mossi
per primi colmando i loro bisogni. Le voci si arrestano quando, dopo
circa tre settimane, il coach Chip Kelly rilascia un’intervista
nella quale dichiara che Jackson non sta per essere tradato. Ma,
appena due giorni dopo, ecco il colpo di scena.
Gli
Eagles rilasciano DeSean Jackson, relazionando l’accaduto con
l’affiliazione del ricevitore ad una gang. Troppo facile liberarsi
di un giocatore scomodo mettendolo in relazione con una chissà quale
banda. Appartiene lui ad una gang? Ha degli amici in una gang? Buio
totale, perché gli Eagles si rifiutano di dare una qualsiasi
risposta che faccia veramente chiarezza. Consiglio a tutti di
leggere ciò che Richard Sherman, uno dei giocatori più forti e
chiacchierati della lega, ma decisamente più smart della
lega, ha detto a proposito della questione. Riporto un piccolo
estratto del suo articolo su The MMQB di
Peter King, di cui Sherman è prezioso collaboratore.
Leggo queste parole – gang ties – e penso a tutti i giocatori che ho incontrato in NFL e a tutti quelli che, come me e DeSean, provengono dai sobborghi delle grandi città come Los Angeles e mi chiedo quanti di loro, onestamente, potrebbero dire di non essere amici di ragazzi che hanno compiuto azioni sbagliate. Io non posso.
Sherman
tocca chiaramente il punto focale della questione. Un numero enorme
degli attuali giocatori NFL proviene dalle periferie delle città e
molti di loro avranno avuto un’adolescenza complicata, ma questo
non significa che siano dei membri di gang. Pensiamo solamente a
quanti giocatori creano associazioni di beneficienza rivolte alle
comunità dalle quali provengono. Il loro obbiettivo è cercare di
fare il possibile per dare una vita migliore ai giovani del proprio
quartiere, dar loro un’opportunità per uscire dal luogo difficile
in cui sono nati.
Il
vero problema agli Eagles è stato il difficile rapporto tra coach
Kelly e Jackson che, chiaramente, non apprezzava il carattere del
ragazzo. Ciò è legittimo, tante squadre vogliono giocatori con
grande etica lavorativa e non amano chi gioca in virtù dei soldi
garantiti, ma non è corretto affiliare un giocatore ad un problema
ben più serio come le gang.
Se
davvero Jackson fosse in una gang, i Redskins gli avrebbero offerto
un contratto da 16 milioni garantiti? La NFL Security, che si occupa
di tenere sotto controllo i giocatori fuori dal campo, non saprebbe
se Jackson si relazionasse con persone pericolose? Se ci fosse anche
solo la minima tangibile prova che Jackson sia implicato in una gang
non metterebbe piede sul campo da football.
Kelly
ha voluto ripulire lo spogliatoio da una personalità scomoda, che
poco si adattava ai suoi metodi di lavoro e alla sua etica e gli
Eagles hanno gestito la vicenda nel modo peggiore possibile,
risultando i grandi perdenti di questi storia. Sarà forse un caso
che Jackson abbia scelto una rivale divisionale? Assolutamente no,
aspettiamoci fuoco e fiamme al primo, caldissimo incontro, tra
Philadelphia e Jackson.
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