Best
of the East
Best
Team: Chicago Bulls
Di
questi Bulls si parla, forse, troppo poco. Dati per spacciati dopo
l’ennesimo infortunio occorso a Derrick Rose, gli uomini della Wind
City si sono invece rimboccati le maniche e stanno portando a termine
una stagione da protagonisti. La striscia aperta di cinque vittorie
consecutive, arrivate contro Celtics, due volte, Hawks, Bucks e
Wizards, li ha issati al terzo posto ad Est, a pari record con i
Raptors. Con le otto vittorie nelle ultime dieci partite giocate, il
record è schizzato ad un ottimo 45-32, anche se non sarà facile
sbarazzarsi dei canadesi per raggiungere la terza piazza di
Conference. La media punti più alta è ancora quella di Rose, anche
se D.J. Augustin, Carlos Boozer, Taj Gibson, Jimmy Butler e Mike
Dunleavy sono tutti oltre i dieci punti segnati a partita. Insieme a
loro c’è il giocatore che ha fatto fare il vero salto di qualità
a Chicago, ovvero Joakim Noah. Il centro sta tenendo medie
fantastiche (12.5 punti, 11.1 rimbalzi e 5.2 assist) ed è il leader
assoluto di una grandissima squadra. Sperando che i playoff lo
confermino.
Best
Player: Al Jefferson
Ci
voleva un grandissimo campione per portare Charlotte ai playoff, ci
voleva Al Jefferson. I Bobcats, anche grazie alla striscia aperta di
quattro vittorie consecutive, giunte contro Wizards, Sixers, Magic e
Cavaliers, si sono guadagnati un posto nella post-season, dopo che le
ultime stagioni si erano concluse tra il grottesco ed il tragico.
Nelle ultime quattro, per il loro centro delle meraviglie, sono
arrivati 24.25 punti con il 48% al tiro e 13 rimbalzi, sempre in
doppia-doppia al suono della sirena finale. Per lui sono 21.7 i punti
e 10.6 i rimbalzi di media da inizio stagione e il record di
Charlotte è risalito fino ad oltre il 50% (39-38), dopo che, solo lo
scorso anno per citare il caso più recente, i Bobcats erano stati
tra le peggiori franchigie della Lega al termine della stagione
regolare (21-61). Basti pensare che hanno ottenuto più successi in
casa finora (23), che in totale lo scorso anno. Alla fine ce l’hanno
fatta, il settimo posto, con vista sul sesto, ormai è in tasca. E
nessuno si azzardi a chiamarli ancora Lolcats.
Best
of the West
Best
Team: Dallas Mavericks
I
Mavericks, questi playoff, li vogliono a tutti i costi. Dopo averli
persi nel finale di stagione lo scorso anno, quest’anno i texani si
trovano ancora nella zona calda, ma stanno facendo di tutto per
uscirne con un biglietto per la post-season. In settimana sono
arrivate tre vittorie consecutive, di cui una di assoluto prestigio
contro gli scatenati Clippers di questo periodo e due non altrettanto
complicate, ma fondamentali contro Lakers e Kings. I problemi, però,
sono dietro l’angolo. Dopo la gara da vincere contro i Jazz, ecco
che arrivano, per chiudere la stagione regolare, gli Spurs e le due
sfide infuocate contro le rivali dirette, Suns e Grizzlies
nell’ordine. Ad oggi Dallas è settima a quota 47-31, una vittoria
sopra Phoenix e due sopra Memphis, che però non ha ancora mollato la
presa. Il leader di Dallas non è cambiato ed è uno di cui ci si può
fidare. Servirà il miglior Dirk Nowitzki per andare oltre ogni
ostacolo e volare verso i playoff. Una volta preso il treno, poi,
tutto può succedere.
Best
Player: Gerald Green
Phoenix,
dopo le due sconfitte consecutive contro Lakers e Clippers, aveva
bisogno di una scossa per non sciogliersi a un passo dalla gioia
playoff. Il fulmine che ha ridato luce ai Suns si chiama Gerald
Green. Nelle due vittorie, tanto strepitose quanto fondamentali,
contro Blazers e Thunder, Green è stato il protagonista assoluto. 32
punti con 12/20 al tiro e 5 rimbalzi contro Portland, stesa con un
quarto periodo da grandissima squadra, mentre sono stati 24, con 7/11
al tiro, i punti nel successo su Oklahoma City. In totale, tra le due
sfide, da non dimenticare uno straordinario 9/14 da oltre l’arco.
Il fatturato della guardia dei Suns si è alzato ben oltre gli
standard di un puro “schiacciatore”, come veniva considerato:
15.8 punti, 3.4 rimbalzi e 9.6% di PIE sono dati per un ottimo
giocatore, in crescita costante da inizio stagione. Abbiamo già
visto la situazione della franchigia dell’Arizona, galvanizzata per
altro dal rientro di Eric Bledsoe. Serviranno tutti i migliori per
completare una stagione da sorpresa assoluta.
Best
of the Rest
HAWKS
& KNICKS:
Atlanta è tornata. E l’ha fatto nel momento più importante della
sua stagione. Le due nettissime e fondamentali vittorie contro
Cavaliers e Pacers, in attivo di 19 lunghezze contro entrambe al
termine, hanno riportato i Falchi ad un record, per quanto mesto e
triste, da playoff, almeno in questa Eastern Conference (34-42). Ora
le speranze dei Knicks sono appese ad un filo e gli Hawks potranno
presto festeggiare la post-season.
QUALCUNO
FERMI KD:
con i 38 punti messi a segno nella sconfitta contro i Suns, Kevin
Durant è entrato nella storia della Lega, raggiungendo le 41 partite
consecutive (una in più di sua maestà Michael Jordan) con oltre 25
punti segnati. Sono 34.8 i punti segnati di media a partita nel
periodo, ottenuti per altro con il 51.6% al tiro. A questi ha
aggiunto ben 7 rimbalzi e 6.1 assistenze ad ogni uscita. Il prossimo
obiettivo è il titolo di MVP, che per quest’anno pare quasi
scontato. E il successivo non può essere che l’anello.
Worst
of the East
Worst
Team: Cleveland Cavaliers
Che
disastro. Non è bastato avere ancora una volta la prima scelta
assoluta al Draft. Non è bastato aggiungere giocatori di assoluto
prestigio a stagione in corso, vedi Luol Deng. Non è bastato che
Hawks e Knicks facessero di tutto per starsene fuori dalle otto
pretendenti al titolo. I Cavs dovevano essere la sorpresa di questa
stagione, ma sono tutto fuor che una squadra che possa anche solo
lottare ai playoff. Basti pensare che, se avessero vinto le ultime
due partite contro Atlanta e Charlotte, adesso avrebbero lo stesso
record di New York e, se non altro, sarebbero ancora in corsa. Le
occasioni perse da Cleveland quest’anno, però, sono tantissime;
hanno perso ben 29 partite contro gli avversari della disastrata
Eastern Conference, vincendone solo 19. Il record è negativo, tanto
alla Quicken Loans Arena (17-21), quanto lontano da casa (14-26).
Hanno deluso tutti, nessuno escluso, compreso quel Kyrie Irving che
doveva essere uno dei migliori giocatori della Lega. E il ritorno di
LeBron, con tutta probabilità, resterà un sogno.
Worst
Player: Carmelo Anthony
Melo
dovrà fare ancora tanta strada prima di diventare un campione. I
Knicks, grazie alla netta vittoria nel derby contro i Nets, si erano
finalmente guadagnati l’ottava piazza utile per i playoff. Sarebbe
bastato vincere per mantenerla. Invece, contro Wizards e Heat, sono
arrivate due sconfitte consecutive. Anthony ha pensato bene di
regalarsi un 5/14 con 0/5 da tre punti per soli 10 punti, quasi
pareggiati per altro dalle 9 palle perse totali, contro Washington e
un 4/17 (23.5%) con 1/5 da oltre l’arco per 13 punti contro Miami.
Nessuno discute le medie tenute finora dall’ala di New York,
altissime sia in termini di punti (27.5) sia in termini di rimbalzi
(8.2). Se, però, nel momento decisivo della stagione, quando bisogna
dimostrare di essere un leader e un trascinatore per portare la
squadra ai playoff, le prestazioni sono di questo tipo, allora il
giudizio non può che essere negativo. Se nelle 33 vittorie dei
Knicks c’è sicuramente lo zampino di Melo, c’è parte di lui
anche nelle 45 sconfitte. E il dato è allarmante.
Worst
of the West
Worst
Team: Memphis Grizzlies
Se
Mavericks e Suns si stanno avvicinando sempre di più ai playoff,
sembra che l’anello debole, il team che ne resterà fuori, possano
essere i Grizzlies. Delle ultime sei partite giocate, Memphis ne ha
vinte solamente due, entrambe contro i Nuggets, e ne ha perse ben
quattro, al cospetto di Warriors, Blazers, T-Wolves e Spurs. Certo,
non avversari di basso lignaggio, ma per lottare per la post-season
in una Conference equilibrata e spietata come la Western, bisogna
cercare di vincerle tutte. Se i tre successi consecutivi, che hanno
preceduto questo periodo infelice, avevano portato i Grizzlies ad
essere la favorita per finire al settimo posto, ora per loro si
prospetta un finale di fuoco per non essere l’esclusa dal treno che
porta alla post-season. La prossima uscita sarà la proibitiva sfida
contro gli Heat, mentre poi, contro Sixers e Lakers, ci sarà il
tempo per mettere fieno in cascina. Le ultime due partite, con tutta
probabilità, saranno quelle decisive: Suns e Mavericks a stretto
giro di posta. L’imperativo è solo uno: vincere.
Worst
Player: Caron Butler
Arrivato
ad inizio marzo per dare profondità al roster di guardie dei
Thunder, Butler, pur giocando quasi mezz’ora di media a partita,
sta portando tutto meno che l’apporto desiderato. Delle sedici
partite giocate, Oklahoma City ne ha vinte dieci (62%), dato di tutto
prestigio, ma molto più basso rispetto alla media stagionale tenuta
dalla squadra (55-21, 72%). Butler, dopo aver lasciato i derelitti
Bucks, ha abbassato notevolmente la sua media punti (10.5 & 9.3),
i rimbalzi (3.3 & 4.2), gli assist (1.5 & 1.2), ma
soprattutto la sua percentuale al tiro (38% & 35%), pur avendo un
minutaggio più alto di circa tre minuti a partita. Non stupisce che
le sue statistiche possano abbassarsi in una squadra che presenta,
tra gli altri, Durant e Westbrook tra le sue fila, ma se tutti i dati
si rilevano essere inferiori ai precedenti significa che qualcosa non
sta funzionando al meglio. I Thunder devono fare attenzione a non
disunirsi per non perdere il secondo posto di Conference e,
soprattutto, in vista dei playoff.
Worst
of the Rest
PISTONS
GOING HOME:
l’arrivo di giocatori del calibro di Josh Smith e Brandon Jennings,
unito al talento di Andre Drummond e Greg Monroe, aveva davvero fatto
sperare in qualcosa di grande. Invece a questi Pistons manca ancora
un grande passo prima di essere squadra da playoff. Prima di essere
una squadra, per cominciare. Con tutta probabilità arriveranno a 50
sconfitte (28-49 ad oggi) e sono già sicuri di un record negativo in
casa (17-23), come in trasferta (11-26). Sorry, Motown.
WORST
OF THE LEAGUE:
non arriveranno ai livelli dei Bobcats di due stagioni fa (7 vittorie
in 66 partite), ma nemmeno ci andranno molto lontani questi Bucks,
fermi a 14 successi totali. Si potrebbe almeno far festeggiare ai
tifosi la decima vittoria tra le mura amiche (9-29), visto che in
trasferta sembra difficile alzare il 5-34 che hanno raccolto finora.
Se non altro Milwaukee si può consolare con un grande Brandon
Knight, che sembra poter essere la base su cui costruire un roster
migliore. E augurarsi di fare lo stesso percorso di Charlotte. Quella
di quest’anno, però.
Nessun commento:
Posta un commento