Un'entusiasmante gara 7
è stata la degna conclusione di una serie finale da brividi, con
Miami e San Antonio a darsi battaglia per il titolo senza un attimo
di tregua, in una lotta assolutamente incredibile, sicuramente la
migliore e più combattuta degli ultimi anni. Tra i tanti fattori che
hanno condizionato e deciso la contesa a favore degli uomini di South
Florida, sicuramente il più decisivo e, a tratti, impressionante è
stato il tiro da oltre l'arco. Le triple hanno dapprima sorriso alla
squadra texana, che si è portata sul 3-2, a una sola vittoria dalla
conquista dell'anello, salvo poi rivoltarsi incredibilmente contro di
loro nella fantastica rimonta di Miami in gara 6 e nel successo
finale di gara 7 all'American Airlines Arena.
In gara 1, a dir la
verità, i 23 e 25 tiri tentati (con 7 e 8 mandati a bersaglio per
una simile percentuale intorno al 30%) rispettivamente da San Antonio
e Miami rivelano come l'idea iniziale non fosse un gioco concentrato
sul tiro oltre l'arco, bensì prevedesse molte più penetrazioni a
canestro con pochi scarichi sul perimetro. Vince la squadra del Texas
e vince con una magia del suo playmaker Tony Parker, che, a pochi
spiccioli dal termine, si inventa un canestro al limite dei 24
secondi chiudendo il match sul 92-88. Nonostante un non eccelso
feeling da 3, due dei protagonisti delle partite successive già
iniziano a farsi sentire con le loro bombe: Danny Green chiude con un
buon 4/9 dalla lunga, mentre Ray Allen fa anche meglio con 3/4. He
Got Game è un volto e un personaggio noto per il suo tiro tanto
rapido quanto efficace e non è una new entry nemmeno nelle Finals
NBA, dove detiene (o forse non più..) il record per triple segnate
in una serie, a quota 22. Green invece è nuovo a palcoscenici così
importanti, ma sembra non patire la pressione sulle spalle e gioca un
ottimo basket al suo esordio nelle finali. Il meglio, però, deve
ancora venire.
Nemmeno la seconda
partita, stravinta dagli Heat con un'ottima prestazione di squadra e
5 uomini in doppia cifra, però, è indicativa per il dato che stiamo
analizzando. Si tira anche meno da 3, con soli 19 tentativi per i
vittoriosi uomini della Florida e uno in più per gli ospiti
sconfitti. Si alzano però le percentuali per entrambe le squadre
(10-19 e 10-20) anche grazie a una super prestazione dei due tiratori
già citati, alla cui festa si aggiunge Mike Miller. Il giocatore di
San Antonio chiude con un mostruoso 5/5, mentre i due uomini di Miami
combinano un 6/9 letale. È un segnale di come il tiro da fuori stia
diventando decisivo per le sorti della serie, anche se nessuno si
sarebbe mai aspettato l'exploit di gara 3.
San
Antonio, alla sua prima apparizione tra le mura amiche nella serie e
con il fattore campo nelle sue mani con la contesa in parità 1-1,
riscrive il libro dei record alla voce “triple
segnate”
in una singola partita delle Finals. Difficile commentare un 16/32 da
3 che ha tutta l'aria di un bombardamento sulle speranze degli Heat
di riacciuffare subito il comando dei giochi. Idoli e protagonisti di
serata sono i due che non ti aspetti, o forse non ti saresti
aspettato alla vigilia delle finali: ancora una volta Danny Green con
un 7/9 da fuori che lo porta ad un fantasmagorico totale di 16/23
nelle prime tre partite, un'impresa assoluta per un giocatore esploso
per caso dalle rotazioni di coach Popovich, coadiuvato questa volta
da un ancor più sorprendente Gary Neal, fino a 3 anni fa in Italia
nella Benetton Treviso, che mette a segno 6 delle 10 bombe tentate,
nella sua miglior prestazione in carriera. Kawhi Leonard e Tony
Parker aggiungono un buon 3/4 da oltre l'arco e solo i 9 errori degli
altri componenti texani con 0 canestri segnati rovinano una media
che, altrimenti, sarebbe stata fantascientifica. Dall'altra parte del
campo Miami è impotente di fronte alla raffica di canestri Spurs,
con un dato, però, che salta all'occhio: Miller, unico a meritare la
sufficienza tra i suoi, segna tutte e 5 le soluzioni tentate da 3
punti, per un totale di 15 punti in 22 minuti di gioco. Basterebbe da
solo questo match per capire il ruolo fondamentale delle triple tra
queste due squadre, ma le Finals non sono ancora finite.
Le due gare successive
vedono una vittoria per parte, che porta San Antonio a un passo dal
titolo, in vantaggio 3-2, anche se i restanti match si sarebbero
giocati all'American Airlines Arena. C'è da dire che nemmeno la
quarta e la quinta partita sono molto combattute, così come la
seconda e la terza, in quanto a prevalere è una delle due formazioni
sempre abbastanza nettamente. In gara 4 gli Spurs perdono di smalto e
subiscono una dura sconfitta in casa propiziata dai Big Three, James,
Wade e Bosh, che chiudono il match mettendo a referto 85 dei 109
punti segnati da Miami, mentre in gara 5 gli Speroni portano tutto il
quintetto iniziale sopra i 15 punti per l'ultima vittoria stagionale
all'AT&T Center che profuma di titolo. Dal punto di vista dei
tiri da fuori c'è da sottolineare l'impresa titanica di Danny Green,
che combina un 9/15 da oltre l'arco nelle due partite e supera Ray
Allen (non più, non più..) come numero di triple segnate in una
serie delle Finals e aggiornando i suoi dati, già eccellenti, a un
25/38 che sembra quasi irreale. Poco altro da segnalare in due
scontri molto fisici, che si sono giocati nel pitturato più che dal
perimetro e che hanno visto prevalere le squadre una volta a testa,
quasi volessero a tutti i costi rinviare il giudizio definitivo
all'ultima partita. C'era però ancora gara 6 da portare a casa per
gli Heat per continuare a sperare nel loro terzo titolo.
Sotto
di 5 a 22 secondi dal termine, i ragazzi della Florida, sembravano
spacciati. La partita era scivolata nella mani di San Antonio grazie
a un fenomenale Tim Duncan da 30 punti, un Leonard perfetto sui due
lati del campo, in difesa su James e con energia in attacco (9/14 e
22 punti) e un'altra delle magie di Tony Parker, che aveva segnato 5
punti nell'arco di pochi istanti portando i texani a sentire già
proprio quel titolo che manca nelle bacheche texane dal 2007. Ecco,
però, che il tiro da fuori, l'arma che era stata nel corso di tutta
la serie la più sfruttata ed efficace del team di Popovich, torna a
fare la differenza, ma questa volta schierato dalla parte degli Heat.
Ci prova James a riportare a -2 i suoi, ma non trova il bersaglio,
gran rimbalzo di Miller e ancora LeBron da fuori: ciuff
!
Fallo tattico su Leonard, due liberi, che possono riportare a 2 i
possessi di distanza tra le due formazioni. Kawhi, però, compie
forse l'unico vero errore della propria serie finale e fa 1/2. Miami
è ancora in vita a -3 a 19 secondi e spiccioli dal termine. Ci vuole
un'altra bomba però. Ci riprova il Prescelto, primo ferro, Bosh si
lancia e afferra un rimbalzo che vale oro, palla a Ray Allen. He Got
Game si porta fuori dal perimetro, con Parker in faccia e 7 secondi
rimasti, si alza e spara. Bang!
È il pareggio più insperato, voluto, creato da una squadra che non
molla mai. Ai supplementari è dominio James, gli Heat piegano le
resistenze degli Spurs e la partita si chiude con una beffa che
sembra racchiudere in sé tutta la serie. Green, sul 103-100 e
qualche attimo ancora da giocare, si alza da 3 per il pareggio che
significherebbe secondo overtime. Lui, che prima di quella sera aveva
sbagliato solo 13 tiri su 38, ma che in quella gara 6 era fermo a un
misero 1/4, vede la sua ultima conclusione stoppata da Bosh. Game
over
esclama il commentatore NBA, game
over
sulle loro triple vincenti, game
over
forse sugli Spurs stessi. È 3-3 e si va a gara 7.
Anche nell'ultima e
decisiva partita sono le triple a fare la differenza e, ancora una
volta, dalla parte dei Miami Heat e dei loro tiratori. Non Ray Allen,
non Mike Miller, ma LeBron James, che fino a qui era stato più
determinante come apporto nel pitturato e dentro l'area, e Shane
Battier che era rimasto fuori per motivi tecnici in buona parte delle
partite di playoff e, soprattutto, in queste Finals. Il Prescelto,
con gli occhi del mondo addosso e tutte le responsabilità
dell'essere non solo il leader assoluto di una delle due squadre, ma
anche il più forte giocatore di basket al mondo, inizialmente fatica
a trovare il canestro. È impreciso con il tiro dalla media e non
trova spazio in penetrazione. Cosa viene, però, in suo aiuto?
Esatto, il tiro da 3, come sempre decisivo in questa serie. LeBron
chiude con 5/10 da fuori e sbaglia le ultime 3 bombe tentate, il che
rende l'idea di come questo sia stato un fattore per azionare il suo
gioco devastante e il suo dominio assoluto in campo, dopo un
difficile inizio partita. Fa anche meglio, per quanto riguarda il
tiro pesante, Battier, che comincia infilando le prime 5 conclusioni
della sua partita, tanto che alla sesta e al tanto agoniato (per i
texani) primo errore dal perimetro il conduttore NBA esclama: “He's
human!”. Gli Spurs, allontanati dalle bombe degli Heat, non
riescono, dopo il terzo quarto, mai a riportarsi a contatto se non a
2 minuti dal termine, neanche a dirlo, con una tripla di Leonard che
vale loro il -2 sul 90-88 Miami. Questa volta sono però un errore
incredibile di Duncan da sotto, che avrebbe potuto valere la parità,
e un jumper dalla media vincente del poi MVP delle Finals James a
valere la definitiva vittoria 95-88 per la squadra di casa
all'American Airlines Arena.
In una finale tanto
avvincente sono stati, a mio parere, proprio i tiri dai 7,25 ad
essere il fattore dominante per determinare le vittorie prima
dell'una, gli Spurs, e poi dell'altra squadra, gli Heat. I
protagonisti sono stati prima i tiratori texani, soprattutto Green e
Neal, che si sono poi spenti alla distanza, e poi quelli della
Florida, Allen e Battier su tutti, decisivi per la conquista del
titolo. A fare il colpaccio, però, dopo l'MVP della stagione
regolare, è stato ancora LeBron James, che si è confermato un
assoluto fuoriclasse, inarrivabile per chiunque altro. Se ha
conquistato per il secondo anno consecutivo ancora il titolo di
miglior giocatore delle finali, però, questa volta, è anche grazie
alle sue bombe in gara 7.
God saves downtown shots, for the win!
God saves downtown shots, for the win!
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