Avete
presente quel momento in cui tutto sembra perduto, in cui ogni
speranza sembra destinata a sfumare, ogni sogno costretto a finire?
Quel momento in cui, nei fumetti, entra in scena un supereroe che
salva magicamente la situazione con le sue doti strabilianti e fuori
dal comune, conducendo i suoi protetti fuori dal pericolo e a un
successo che prima sembrava solo utopia. Nel
caso dell'Italia calcistica, quel momento, durante la finale Mondiale
2006 contro la Francia, arriva al 103' minuto. Siamo ai supplementari
e, dopo una partita non emozionante, ma intensa di sacrifici e
giocata alla pari nei tempi regolamentari, la superiorità
transalpina si sta facendo schiacciante, la nazionale azzurra resta
nella propria trequarti, non riesce più a trovare il pallino del
gioco. Zidane costruisce magistralmente l'azione sulla destra, Willy
Sagnol crossa perfettamente e parte una frustata, letteralmente una
frustata, dalla testa del genio calcistico di Marsiglia. Sembra quasi
colpita col collo del piede quella palla da quanto è veloce e
precisa sotto la traversa. L'Italia, nazionale e nazione, unita
intorno ad essa, sembra stia per crollare sotto
gli scarpini francesi. Ecco però che arriva il nostro supereroe,
quello di cui si parlava all'inizio e che, nel caso azzurro ha un
nome e cognome ben preciso: Gigi Buffon. Con un balzo felino il
nostro portiere allunga la manona e mette il pallone in calcio
d'angolo. Zidane, come un malvagio antagonista sconfitto, urla la sua
disperazione e, pochi minuti dopo, abbandonerà il campo nel peggiore
dei modi, espulso. L'Italia vince il suo quarto Mondiale ai rigori e
il suo supereroe, quel Buffon considerato dai più il miglior
portiere della storia del calcio, può alzare al cielo la coppa più
bella e desiderata per un calciatore.
Basterebbero
le 7 partite di quel Mondiale a definire che portiere sia Gigi
Buffon, nella sua totalità. L'Italia incassa solamente 2 gol in
tutta la rassegna, una su autorete e una su rigore, e il suo estremo
difensore dimostra una grinta e un'energia quasi al limite
dell'esuberanza ma sempre controllata nei suoi sfoghi, oltre a parate
incredibili e a un talento che non ha davvero limiti. Sembra le possa
prendere proprio tutte, possa arrivare su qualsiasi pallone in
qualsiasi momento, il nostro Buffon. Diamo spazio però anche ad una
difesa quasi perfetta, orchestrata magistralmente dal capitano Fabio
Cannavaro. È un Mondiale vinto nella nostra metà campo, prima
ancora che in quella avversaria, con protagonisti assoluti, che
resteranno indelebili nella memoria italiana di quei giorni. Il
capitano raggiunge l'apice della sua carriera, già di per sé
straordinaria, nelle battaglie della rassegna tedesca, con chiusure
perfette, contrasti quasi sempre vinti, un'attenzione spasmodica per
le punte avversarie durante tutto l'arco del match, che tocca il suo
culmine massimo con l'uscita dalla nostra area palla al piede, in
semifinale, contro la Germania al 120' minuto, che avvia l'azione del
2-0 azzurro e che ci porta a Berlino. Sono loro i due migliori giocatori della
nostra formazione, a pari merito per molti, anche se il mio personale
parere è che, senza il nostro supereroe, non saremmo andati oltre
tutti gli ostacoli posti sul nostro cammino.
Materazzi
e Grosso sono altri due protagonisti, inattesi, ma indispensabili,
con la loro energia e con una verve realizzativa non indifferente per
due uomini del reparto arretrato: il primo apre le marcature contro
la Repubblica Ceca, gara fondamentale per il passaggio agli ottavi di
finale, il secondo mette il sigillo nei supplementari contro i
padroni di casa a 2 minuti dal termine, quando eravamo ormai tutti
proiettati verso i calci di rigore, segnando il meraviglioso gol del
vantaggio azzurro. Soprattutto, però, entrambi risultano decisivi
per il trionfo nella finale contro la Francia: dopo il vantaggio
iniziale dei transalpini con Zidane, Materazzi risponde di testa
sugli sviluppi di un corner e incorna l'1-1 “finale” prima dei
penalties, tra cui si ricorderà per sempre il quinto e ultimo tirato proprio da Fabio Grosso, che decide il Mondiale a nostro
favore, insaccandosi
alle spalle di Barthez. Degni di nota sono anche Andrea Barzagli,
entrato di colpo nella rassegna iridata per giocare i quarti contro
l'Ucraina, dopo l'infortunio ad Alessandro Nesta e l'espulsione agli
ottavi di Materazzi, che ha giocato una signora partita a fianco di
Cannavaro al centro della difesa, e Gianluca Zambrotta, esterno
destro che ha garantito una spinta costante sulla fascia e, con le
sue falcate, ha portato a cross pericolosi nell'area avversaria,
oltre ad averci messo lo zampino nel vantaggio iniziale contro
l'Ucraina, nei quarti di finale, utilissimo a sbloccare subito un
match non facile come sembrava. Un gradino sotto questi, non per
demeriti, quanto più sfortunati, sono stati Nesta, che ha giocato
solo una partita e mezzo a causa di un infortunio che non gli ha dato
tregua e che ha chiuso il suo Mondiale contro i cechi, e Cristian
Zaccardo, umile e capace difensore, che è stato tradito da un liscio
incredibile nell'autogol del pareggio statunitense nella seconda
partita del girone eliminatorio, chiusa con un pareggio che poteva
anche costarci il passaggio del turno.
Il
centrocampo di mister Marcello Lippi è un concentrato di grinta e
fantasia, alterna sprazzi di gioco spettacolare a lunghi tratti di
gioco rude, ma efficace. Pirlo garantisce una manovra sempre fluida e
geometrica ed è l'uomo che può decidere le partite da solo, come
dimostra il gol che apre il nostro Mondiale contro il Ghana e che, di
fatto, è fondamentale per la nostra vittoria, tanto
quanto la magia che smarca Grosso, su azione da calcio d'angolo,
nella semifinale di Dortmund a pochi spiccioli dallo scadere. Gattuso
è il Ringhio che tutti si aspettano, gioca le migliori partite in
nazionale e trova molto spazio anche a causa dell'espulsione che
mette fuori gioco De Rossi per 4 partite dopo gli Stati Uniti. Se il
centrocampo ha retto all'urto degli agili cechi, dei pungenti
ucraini, dei panzer tedeschi e dei tenaci francesi, gran parte del
merito va al centrocampista calabrese. De Rossi ha iniziato il suo
Mondiale nel peggior modo possibile, con la gomitata che ci poteva
costare carissimo contro gli americani, ma ha il merito di entrare
nel mezzo della partita decisiva con la Francia, dando ordine al
centrocampo, e ha il privilegio di tirare il nostro terzo rigore,
magistralmente messo a segno. Perrotta e Camoranesi sono i classici
due che forse non ti ricorderai quando racconterai delle imprese di
Germania 2006 (se non dei capelli di Mauro German, indimenticabili
nel loro nuovo look post-vittoria), ma che hanno dato un contributo
fenomenale e fondamentale alla squadra azzurra, perfetti nelle
geometrie del centrocampo e propositivi verso le punte, ottimi sia
nel supportare gli attaccanti che nel difendere dagli assalti
avversari.
Due
degli eroi nazionali, due bandiere assolute, due dei più forti
giocatori italiani di sempre, hanno meritato più di tutti, come
consacrazione alla loro carriera di fuoriclasse, questo Mondiale:
Francesco Totti e Alessandro Del Piero. Oltre alla saggezza e al
talento senza confini, questi due assi del pallone hanno messo in
campo una voglia incredibile, un'energia inaspettata, una forza di
volontà e di sacrificio lodevoli, uniti alle solite giocate
straordinarie che li hanno sempre contraddistinti. Totti decide la
gara degli ottavi contro l'Australia su rigore, dopo l'ennesima
sgroppata di Grosso che si era procurato il penalty in maniera
strepitosa, all'ultimo minuto dei tempi regolamentari, mandando a
casa i canguri che pure giocavano con l'uomo in più da diversi
minuti e che sognavano in grande in vista dei quarti. Del Piero
invece chiude il match di semifinale, all'ultimo secondo, contro la
Germania, dopo la già citata chiusura di Cannavaro e l'assist
smarcante di Gilardino, con un interno destro sul secondo palo, tanto
pregevole quanto prezioso per eliminare i tedeschi e preparare le
valigie verso Berlino. Giocano metà finale a testa, i due, con Totti
utile nel ritrovare subito il pareggio dopo il vantaggio avverso
iniziale e Del Piero che invece segna con freddezza il quarto e
penultimo rigore che fa pregustare a tutti gli italiani la coppa
tanto ambita.
I
nostri centravanti ci hanno fatto penare non poco, soprattutto nei
gironi eliminatori, ma si sono distinti per forza di volontà e, in
molti casi, si sono rivelati decisivi, soprattutto in fase di
appoggio oltre che di finalizzazione. Non è stato il Mondiale più
florido per le segnature azzurre, 12 in totale, ma la maggior parte
sono comunque arrivate dai nostri bomber. Luca Toni, presentatosi
alla rassegna dopo 31 gol in campionato e due in Coppa Italia, che
gli sono valsi la Scarpa d'Oro (primo giocatore italiano a vincerla)
come miglior cannoniere europeo, è perfetto nel lavoro di sponda e
aiuta a tenere alta la squadra, anche se l'umiltà spesso non è
ripagata dai numeri. Segna solo due gol l'ariete emiliano, entrambi
contro l'Ucraina nei quarti, utili per chiudere definitivamente il
match e proiettarci alla semifinale contro i tedeschi. Alberto
Gilardino trova poco spazio nel modulo a 1 sola punta voluto da
Lippi, ma riesce sempre a farsi trovare prontissimo, come dimostra il
bel gol del vantaggio azzurro contro gli Stati Uniti, e l'assist
pregevole per Del Piero in semifinale che ci permette di estromettere
i padroni di casa dalla competizione. Iaquinta e Inzaghi meritano di
essere ricordati, il primo per la rete del 2-0 definitivo all'esordio
contro il Ghana e il secondo per il 2-0 finale contro la Repubblica
Ceca,
terzo e ultimo match del girone, che porta la nostra nazionale a
qualificarsi al primo posto, evitando così lo spettro del Brasile,
per un più agevole, almeno sulla carta, ottavo contro l'Australia.
Oltre
ad Angelo Peruzzi, Marco Amelia, Massimo Oddo e Simone Barone, gli
ultimi 4 protagonisti della rosa vincitrice, è più che doveroso
citare il nostro tecnico, Marcello Lippi. Il mister si è ritrovato a
dover tranquillizzare e amalgamare un gruppo scosso dalle tensioni di
Calciopoli, che, di colpo, aveva gettato nel fango il calcio
italiano, colpito dagli scandali di partite truccate e arbitri
corrotti dai dirigenti di alcune squadre. Quando la rosa sembrava
pronta a sfaldarsi, ecco che Lippi ha calmato le acque e ha infuso
nei suoi ragazzi una carica ed un'energia anche superiore a prima,
così che fossero pronti ad attraversare qualsiasi ostacolo. Dopo un
girone in cui l'Italia ha giocato bene ma non benissimo, trovando i
successi per 2-0 contro Ghana e, soprattutto, Repubblica Ceca, ed il
pareggio polemico 1-1 contro gli USA, la nazionale ha faticato non
poco agli ottavi contro gli australiani e sembrava quasi il nostro
Mondiale potesse finire lì, salvo poi vincere 1-0 su rigore al 94'.
La vittoria convincente contro l'Ucraina ci ha portati carichi alla
sfida contro la Germania che sembrava, però, persa in partenza,
contro i fortissimi padroni di casa. Lippi ha caricato ancora una
volta lo spogliatoio e, sia per alcune parate strepitose di Buffon,
sia per un gioco a tratti schiacciante degli azzurri, la pratica si è
chiusa sul 2-0 alla fine del secondo tempo supplementare.
La
sera più bella della carriera sportiva di Marcello Lippi e dei 23
ragazzi della sua, nostra, Nazionale, è quell'11 luglio 2006 che
nessun italiano scorderà mai. A Berlino la Francia, eterna nemica
azzurra, è sconfitta nel modo più beffardo, ai calci di rigore,
dopo un 1-1 nel complesso giusto, vista la superiorità azzurra nei
tempi regolamentari ma la ripresa transalpina nei supplementari. Dopo
7 partite indimenticabili, dopo essersi divisi e ritrovati nel giro
di qualche giorno, dopo le fatiche del girone eliminatorio, dopo le
meravigliose gare fino alla finale, dopo la testata di Zidane a
Materazzi, episodio clou di tutto il Mondiale, dopo 5 calci di rigore
uno più preciso, sudato, decisivo dell'altro, Fabio Cannavaro alza
la Coppa del Mondo per l'Italia, per la nostra 4° volta sopra tutti
gli altri, sopra le nostre paure, sopra le nostre gioie, sopra il
mondo intero. “Il cielo è azzurro sopra Berlino”!
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